"Di buon mattino, Stuart McGonchie stava spazzando il marciapiede davanti al negozio della «Modern TV, Vendita e Riparazioni"...». Cosi comincia il primo di questi romanzi. Il secondo si apre così: "La Packard gialla tossiva e ansimava arrampicandosi per le ripide colline della Virginia. Peggy Barton si girò e frugò dietro il sedile per prendere una lattina di birra. Il metallo della lattina scottava". E il terzo così: "Victor Nielson uscì da una delle celle frigorifere del supermarket spingendo un carrello di patate novelle destinate al reparto frutta e verdura..." Una caratteristica fondamentale della narrativa fantascientifica di Philip K. Dick è infatti di essere solidamente impiantata nella scena americana attuale, o dell'imminente futuro, a livello della vita più quotidiana e familiare. Ma l'altra e non meno fondamentale caratteristica di Dick è il crudo realismo col quale l'evento fantascientifico si inserisce nella vita di tutti i giorni: alterandola o stravolgendola, o schiacciandola sotto le più spettacolari catastrofi, ma sempre lasciando la netta, precisa, inquietante sensazione che quanto accade ai suoi personaggi potrà accadere - oggi o domani - a noi stessi.
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