«I tratti ora bizzarri ora grotteschi, ora realistici ora surreali, ora beffardi ora angosciati dell'improbabile" mondo di Bierce, sono quelli, non solo probabili, ma dolorosamente certi, della tragedia umana» dice Agostino Lombardo nella sua introduzione a questo libro di racconti, racconti che si riveleranno subito alla lettura di una qualità e una natura assolutamente insolite. Perché l'umorismo di Bierce, quello straordinario umorismo per cui va famoso, è di un tipo molto particolare, né definirlo «nero» lo spiegherebbe. Bierce non è di quegli scrittori che amano carezzare il lettore «contropelo». Non suscita quei sentimenti un po' pruriginosi, quei lievi brividi e quel riso nervoso che si accompagna alla valanga di cadaveri grotteschi rimbalzanti da un personaggio ignaro all'altro, e che sono prerogativa dell'umorismo anglosassone, o «nero», come si suole definirlo. Le sensazioni ed emozioni che provoca Bierce sono larghe e potenti perfino nella bizzarria. Sono un riso o un orrore o un'ansia di giganti, che si piegassero sulle avventure umane con tutta la loro truculenza. Proprio perché Bierce ha pagato con tutta la sua vita quel ruolo che si era scelto di «fustigatore della società». Ed è per lui serio e violento e carico di furore, come lo fu per Swift, e per altri uomini «di cattivo carattere». Questi racconti, scelti attraverso tutta l'opera di Ambrose Bierce — grande scrittore e terribile giornalista dell'America fine secolo —; sono essi diversi tra loro — dall'atmosfera trasognata di Ritorno all'identità, all'ilarità sfrenata della Storiellina, al racconto di tono epico e tremendo dello Sconosciuto, fino a quel divertentissimo Club dei Parenticidi, dove i delitti più atroci sono il pretesto a una vera e propria rivoluzione del buon senso —, ma corre in loro la stessa mirabile ed equilibrata volontà di non lasciare niente in piedi che non sia assolutamente vero e specifico della natura umana. Ecco perché possibile e assurdo, ilarità e coscienza, si muovono, nell'opera di Bierce, sullo stesso piano: gli uni e le altre partono da una stessa, più o meno amabile, verità.
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