10 Gennaio 2021, 19:15:03Commento scritto da antosimov
Voto: 7.00
Ultimo volume del ciclo dell'EKUMENE .
Li ho letti tutti, questo è quello a cui darò il voto più basso.
Complessivamente è uno dei cicli più belli da me letti, l'autrice mi piace molto.
Devo però dire che questo romanzo mi è sembrato più ostico.
Ritrovo gli stessi temi della LE GUIN, in più in questo libro ci sono : difesa omosessualità, attacco ai regimi totalitari e riflessioni profonde su religioni e società primitive pre-industriali.
Purtroppo i nomi sono molto complicati i personaggi troppi e non ben definiti.
Rimane comunque un libro da leggere per gli amanti della fantascienza, irrinunciabile per gli amanti FANTASY.

 
28 Settembre 2012, 19:37:00Commento scritto da mitd
Voto: 5.50
Probabilmente il testo più lento nell'intera produzione della Le Guin. Alla seconda pagina si sa già dove andrà a parare. Certo, è tutto scritto molto bene, ma storia e personaggi sembrano uscire da un manualetto New Age. Le ultime due pagine hanno una qualche originalità, non abbastanza però da cancellare la sensazione di noia che ha accompagnato la lettura.

Un plauso alla copertina (la stessa di Urania), che si segnala come l'immagine più fuorviante rispetto al contenuto nell'intera storia della fantascienza mondiale.
 
05 Luglio 2011, 21:59:30Commento scritto da Klaatu
Voto: 8.50
È il più recente libro del ciclo Hainita di Ursula K. Le Guin e quello che, a mio avviso, esplicita meglio il tipo di ambientazione in cui si muovono gli uomini e le donne dell’Ekumene e le finalità, le difficoltà e gli errori insiti nei contatti tra culture diverse, come quella di Aka priva apparentemente di una qualsiasi cultura scritta. Anche l’osservatore dell’Ekumene è però un diverso, come dimostra la sua storia personale, e quindi particolarmente motivato a voler capire una società a versi incomprensibile e che, soprattutto, sembra non essere più in grado di comunicare i suoi valori in quanto priva della memoria culturale collettiva. È solo con la possibilità, sorprendentemente concessa, di un viaggio conoscitivo fuori controllo politico che Sutty, l’inviata, riesce infine a conoscere ed amare gli aspetti più segreti della società di Aka, utilizzando uno strumento antico e semplice, la parola; parlare, raccontare e ascoltare è infatti l’unico modo per conoscersi, senza clamori, ma imparando la musica dolce della cultura che solo con la parola, parlata e scritta, può trasmettere i suoi valori.
Come in altri libri, della stessa autrice o di altri, è il viaggio quindi la parafrasi dell’apprendimento e della spiegazione finale; peccato che la piena autocoscienza e l’illuminazione conclusiva siano però tra le parti più deboli del libro e tali da impedire l’attribuzione di un voto ottimale. Del tutto fuorviante inoltre che la bella copertina (sembra di vedere un disegno di Moebius), sia rappresentativa di emozioni esattamente opposte alla sostanza del libro in cui non sono quasi mai predominanti né urla né grida di guerra, ma un parlare leggero come lo scorrere di un ruscello.
 
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