05 Luglio 2023, 09:11:13Commento scritto da Free Will
Voto: 10.00
Questo è un capolavoro assoluto che non può mancare in qualunque biblioteca, non solo fantascientifica.
Certo non è un libro facile, pieno di azione, oppure di umorismo e di battute veloci, o di avvenimenti semplici e banali. Bisogna leggere, pesare e assaporare ogni singola parola, avere tanta pazienza, come quella dimostrata dai protagonisti della vicenda, ossia i monaci amanuensi, che scrivono, ricopiano all'infinito, si perdono per anni a disegnare ghirigori e dorature. Ma noi abbiamo un vantaggio rispetto ai monaci: sappiamo qual'è l'obiettivo ed anche la conclusione.
Non si può approcciare questo romanzo senza avere una profonda cultura religiosa, una buona conoscenza dei linguaggi letterari e una certa dimestichezza con le lingue (magari con un po' di latino).
Con queste premesse la lettura diventa veramente un piacere, anzi una goduria immensa e, nonostante si tratti di un tomo di più di 400 pagine, non si vorrebbe mai vedere la fine.

La storia raccontata è quella apocalittica di una Terra post-atomica, con pochi residui di Umanità, vista nell'arco di molti secoli dopo l'olocausto. Il libro è suddiviso in tre parti (o se vogliamo in tre romanzi), molto diversi fra loro, ma legati da un unico filo rosso, le vicende dei monaci di un abbazia, in qualche deserto americano, dedicata ad un improbabile Santo moderno.
Nella prima parte, denominata "Fiat Homo", l'umanità è sconvolta, rimbambita, incosciente per ciò che è accaduto; il Fallout è un Demone e le poche cose recuperate dal passato entrano a far parte di un insieme di Memorabilia nel monastero, senza che queste abbiano qualche significato per chi le raccoglie e trascrive. Si guarda solo, come punto di riferimento, ad un uomo che, per qualche motivo, è definito Beato.
Passano i secoli e, nella seconda parte intitolata "Fiat Lux", il Beato diventa Santo, l'Umanità recupera qualche coscienza di sé ed anche le guerre tribali, i Memorabilia assumono qualche significato, i frati riescono a conciliare la religione con la scienza e riscoprono e reinventano qualcosa del passato; si accende una luce, che è soprattutto una speranza per il futuro.
Nella terza e ultima parte, intitolata "Fiat Voluntas Tua", l'Umanità ha riacquistato il pieno potere sul mondo, la capacità di costruire e soprattutto quello di distruggere sè stessa; la Chiesa non è più portatrice di memoria, ma solo di Fede; si rassegna all'ineluttabilità della storia e ripone tutte le speranze altrove.

Il romanzo è stato scritto nel 1959, in piena guerra fredda, quando tutto il mondo viveva con la paura della guerra atomica; per questo motivo può sembrare anacronistico e figlio del suo tempo. Invece purtroppo è attualissimo perché di questi tempi l'uomo più potente della Terra, premio Nobel per la Pace, riesce a dire, proprio quando firma trattati di denuclearizzazione,  che non sarebbe da escudere l'uso del nuceare sugli Stati canaglia (islamici o comunisti) anche solo a scopo preventivo. E il bello è che siamo tutti d'accordo, che è cosa buona e giusta. E allora che cosa ci rimane?

Un piccolo anacronismo è soltanto costituito dall'uso del latino da parte della Chiesa Cattolica del futuro: evidentemente nel 1959 non era ancora arrivata la rivoluzione di Paolo VI e soprattutto Giovanni Paolo II. e quindi Miller ha immaginato la Chiesa dell'anno 3000, conservatrice al punto di mantenere l'uso di una lingua morta, nonostante avvenimenti di così spaventosa portata.
Invece un peccato tipico degli scrittori americani è la solita visione USA-centrica, secondo la quale tutto il mondo è concentrato nel nord America e per il resto del pianeta si può scrivere "hic sunt leones"; questa fissazione porta a collocare Nuova Roma, ossia il Vaticano, nel territori degli attuali Stati Uniti (con la scusa che la Vecchia Roma è stata distrutta).

Un particolare commento merita la traduzione di Roberta Rambelli, che si cimenta con un linguaggio aulico, di altissimo livello ed estremamente ricco, come gli scritti dei monaci pieni di disegni floreali.
E' piuttosto misterioso il motivo per il quale non traduce in italiano alcune parole dall'originale inglese, come ad asempio "blueprint" che tutti sanno che significa cianografia (o almeno tutti sanno che cos'è una cianografia, ma ben pochi sanno che cos'é una blueprint).
 
31 Ottobre 2011, 22:38:29Commento scritto da maxpullo
Voto: 9.00

E' il tipico libro che ti lascia un vuoto quando lo finisci e che ti fa sembrare brutte le prime pagine del libro successivo.
Il romanzo uscito dalla penna di Miller è poesia allo stato puro e, anche se alcuni brani possono sembrare troppo lunghi o noiosi, alla fine ti accorgi che l'autore è riuscito a raccontare tutto senza usare una parola di più o una di meno: il pessimismo sulle capacità dell'uomo che traspare dal racconto è assoluto e solo in parte mitigato dall'ironia del linguaggio o dalla velata comicità di alcuni brani.
Personalmente ho riscontrato molti punti di contatto con il ciclo della Fondazione di Asimov, anche se il romanzo di Miller risulta alla fine avere un senso diverso: entrambe le storie, infatti, si basano sul concetto di "ciclicità" della storia umana e sulle crisi che periodicamente portanto alla scomparsa della civiltà ed alla barbarie del "medioevo" prima della successiva rinascita, ma, mentre la storia di Asimov presenta la scienza come unica strada per tenere accesa la fiammella della speranza, quella di Miller affronta il tema in maniera molto più profonda ed umanistica, portando il lettore a ragionare sul fatto che, la scienza, senza la fede o senza l'illuminazione divina, non è in grado da sola di evitare che l'uomo si autodistrugga.
Un romanzo struggente ed intenso, un capolavoro che trascende i confini del genere fantascientifico e che merita la lettura.
 
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