05 Dicembre 2017, 18:26:09Commento scritto da zecca_2000
Voto: 7.00
Secondo capitolo del ciclo di 2001, secondo me si tratta di un buon sequel.
Tanti concetti filosofoci e cosmogonici davvero arditi, tante domande lasciate in sospeso nel primo volume (o primo film?) che vengono risolte.
I personaggi sono un po' il punto debole di Clarke, ma questa volta hanno uno spessore sufficiente per portare avanti la storia.
Mi ha ricordato un pochino il ciclo degli Heechee di Pohl.
Ecco, secondo me, pur trattando un argomento tutto sommato simile, Pohl riusciva a dare alla vicenda maggior SENSE OF WONDER.
nonstante questo, non mancano episodi MERAVIGLIOSI (come ad esempio l'esplosione di giove) .
Il voto complessivo e' positivo, 7+
 
28 Luglio 2017, 10:19:32Commento scritto da and
Voto: 8.50
Ho trovato entusiasmante questo seguito di 2001, in cui vengono spiegati i misteri del primo libro: cosa vogliono i costruttori del monolito, perchè HAL 9000 era impazzito, che fine ha fatto l'astronauta Bowman.
Molto evocative le descrizioni dei paesaggi di Giove: infatti a differenza del primo romanzo, che si svolge intorno a Saturno, qui siamo in orbita intorno al gigante gassoso, ma è proprio Clarke a darne nota nella prefazione, affermando che questo può essere considerato il seguito del film piuttosto che del libro.
Una delle poche occasioni in cui il seguito è all'altezza del predecessore, l'ennesima conferma che Arthur C. Clarke è uno dei più grandi scrittori di Fantascienza di sempre.
 
16 Ottobre 2011, 21:07:08Commento scritto da PabloE
Voto: 6.50

Clarke nella prefazione afferma che questo romanzo va considerato non tanto un seguito di 2001 quanto un romanzo "ambientato nello stesso universo narrativo" e autoconclusivo. Ohibò.
Sempre nella prefazione Sir Arthur afferma di aver ripreso la vicenda dal film piuttosto che dal suo stesso romanzo laddove le due versioni differivano (Giove al posto di Saturno, ad esempio). Ri-ohibò.

Qualcosa comunque l'ha spinto a scrivere un "secondo romanzo nello stesso universo narrativo" (che giro mi tocca fare per non dire sequel...) e secondo Clarke questo qualcosa è la maggior conoscenza su Giove che lo scrittore avrebbe avuto grazie alla missione Galileo...no, un attimo, ha "deciso di non aspettare tanto". Allora cos'è che l'ha spinto al "secondo romanzo nello stesso universo narrativo"? Ah, si, giusto, voleva spiegare per bene ciò che è successo ad HAL nel primo libro...ma, aspettate, io l'avevo capito in 2001 ciò che era successo, caspita me l'aveva detto proprio Clarke! Mmh...forse voleva seguire Bowman nella sua nuova forma...ma non mi sembra che l'abbia fatto più di tanto. Allora stava pensando di approfondire il monolito di Saturno...ops, è diventato Giove il pianeta...il monolito di Giove...ma no, no, non è possibile, gli sarebbe bastato un racconto breve.
Allora perchè? La risposta, secondo il rasoio di Occam, è la più scontata: pura e mera operazione commerciale. Questo è l'unico "perchè" che sono riuscito a dare a questo libro.

Non tutto è negativo, stiamo pur sempre parlando di Sir Arthur e del suo modo di scrivere.
Sorprendente è leggere di un'alleanza russo-americana (il muro di Berlino sarebbe caduto dopo 7 anni dalla pubblicazione del libro), di una Cina in forte ascesa, di tasti a sfioramento (oggi diremmo touch), di manovre spaziali studiate nel dettaglio (le orbite di Lagrange ad esempio).
Alcuni personaggi sono ben caratterizzati, come il buon Chandra, altri passano decisamente inosservati; Floyd, benchè sia il personaggio principe, mi è sembrato poco approfondito. L'inserimento di una questione puramente familiare all'interno della trama costituisce un elemento poco interessante se preso di per sè, ma diventa elemento naturalistico, di realismo in una visione d'insieme.

Tirando le somme direi che si tratta di un romanzo che poggia su una trama e su un'idea "già viste" e ben sfruttate in 2001 e quindi di un libro con cui passare delle ore, sì piacevoli, ma sfruttabili in maniera migliore.
 
15 Aprile 2011, 14:27:21Commento scritto da maxpullo
Voto: 9.50
A mio giudizio, non avendo ancora letto il ciclo di "Rama" e gli altri seguiti di 2001, questo è il miglior libro di Clarke in assoluto: migliore anche del primo romanzo di cui condivide tutto il fascino e la magia, ma che supera per la capacità di trasmettere emozioni.
Sin dalle prime battute non c'è un attimo di tregua per il lettore: dal fascino dell'operazione di recupero dell'astronave "Discovery", alle sorprese della vicenda dell'astronave "Tsien", fino alla riaccensione di Hal 9000 ed alla stupefacente sorpresa finale, passando per le magistrali apparizioni dello "spettro" di David Bowman, la trama procede serratissima, condotta da un maestro della fantascienza, all'apice della sua vena creativa.
Il romanzo è tra l'altro assai più fedele alla sceneggiatura del film diretto da Peter Hyams di quanto no lo fosse il primo capitolo rispetto al film di Kubrik. Ciò crea senza dubbio qualche "piccolo fastidio iniziale" per le discrepanze che ci sono tra la fine di 2001 e l'inizio del presente volume, ma il fatto è assolutamente trascurabile di fronte al meraviglioso kolossal che Clarke proietta davanti agli occhi della nostra mente.
Personalmente ho riscontrato un unico "difetto", anche se non è proprio corretto chiamarlo tale: la figura di Hal 9000 mi è parsa forse un po' opaca, sbiadita e meno efficace rispetto a quella che giganteggia nel lungometraggio, ma essere innamorati del film, delle sue battute e della sua poesia, non deve significare sminuitre uno dei libri più belli di fantascienza mai scritti. Tra l'altro nel volume non si riscontra quell'artefatto clima da "guerra fredda" che invece era una delle caratteristiche meno originali del film.
Ancora  una volta, comunque, Clarke riesce a sorprenderci, reglandoci una favola in cui non solo l'uomo non è più il protagonista assoluto del creato, ma in cui deve iniziare a fare i conti con un cosmo che gli può riservare più sorprese di quante riesca anche lontanamente ad immaginare.
E, visto che un solo romanzo non può bastare per contenere tutte queste sorprese, Clarke, da bravo scrittore, conclude il suo libro con una immagina volutamente poetica degli Europeani, della loro nascente civiltà, che volutamente o incidentalmente richiama le pagine iniziali di 2001: sembra quasi che nel farlo egli stia idealmente chiudendo un cerchio, ma in realtà, proprio dalle ultimissime parole scopriamo che la figura da lui disengata è bensì una spirale aperta, la cui traiettoria ci proietta verso nuove storie la cui bellezza possiamo solo vagamente intuire.
Grazie Clarke!
 
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