10 Novembre 2023, 12:33:26Commento scritto da Free Will
Voto: 10.00
Preciso di aver letto la ristampa del 2020 (con la bellissima copertina di Franco Brambilla), non presente nel db di UM.
Per cercare di disintossicarmi dalle fanta-cretinate di tanti scrittori moderni, ho preso in mano questo classico del 1957. Il pregio dei romanzi di quell'epoca era uno stile di scrittura lineare, piacevole e soprattutto comprensibile. Inoltre la quota di "scienza" era ben calibrata con la quota di "fantasia", nel senso che quest'ultima non era preponderante e si integrava perfettamente con la storia raccontata. Quando poi l'autore era uno scienziato, come il nostro Fred Hoyle, la parte, appunto, scientifica era perfetta, precisa e dettagliata (senza esagerazioni come quelle di Kim S. Robinson).
Non mi soffermo sugli eventi qui raccontati, perché tutti dovrebbero conoscerli (almeno spero).
Mi preme piuttosto soffermarmi su alcuni aspetti che ritengo interessanti.
L'autore era, appunto, uno scienziato, precisamente un astronomo, e quindi tutti i dettagli astronomici, ma anche fisici, biochimici, ecc., sono estremamente precisi e chiari. Addirittura tutte le formule matematiche citate sono così evidenti che sembra di assistere ad una lezione scientifica del professor Hoyle.
Certo, tutta la tecnologia descritta è quella di quell'epoca, ma come si poteva immaginare tutti i cambiamenti avvenuti in soli 60 anni nell'elettronica e nell'informatica? (A meno di essere dei profeti e, per la verità, ci sono state molte visioni profetiche da parte di vari scrittori). Però fa molta tenerezza la descrizione di un "calcolatore" grande come una stanza, con tante valvole che scaldano, e con chilometri di striscia di carta perforata, per inserire programmi e dati, che "solo in una notte" riusciva ad eseguire il calcolo di alcune equazioni, per il quale un uomo "avrebbe impiegato settimane". Soprattutto sapendo che la stessa potenza di calcolo è contenuta oggi in un banale microchip di un cellulare, che nel frattempo fa mille altre cose. E c'è anche tanta nostalgia (e peso della vecchiaia) nel ricordare che ho fatto a tempo a vedere uno di quei "calcolatori" all'Università. Chissà cosa succederà nei prossimi 60 anni? Io non ci sarò, ma mia nipote di 14 anni nello zaino non porta più libri, ma solo un i-pad, sul quale mi ha "insegnato" un sacco di diavolerie, e lei sarà certamente testimone del futuro.
Per quanto riguarda la parte "fantastica" del romanzo, per quanto ardita, è assolutamente credibile ed anche appassionante. Se si ha a disposizione una giornata, ci si può rilassare e godere pienamente della lettura.
Ho solo due piccoli appunti da fare. Il primo riguarda il titolo: in quegli anni i termini "nube" e "nuvola" nel vocabolario erano considerati sinonimi. E, per la verità, ancora oggi sulla Treccani appaiono come tali, salvo specificare che il termine "nube" è più letterario, oppure utilizzato in particolari ambiti. Orbene, da almeno 20 anni l'ambito astronomico utilizza quasi esclusivamente il termine "nube", anziché "nuvola", per descrivere il fenomeno. Certo non ha alcuna colpa il il traduttore Luciano Bianciardi (contemporaneo dell'autore) che, del resto, trova il titolo originale "The Black Cloud". Piuttosto in questa nuova ristampa del 2020 viene dichiarato che la traduzione è stata "rivista" dalla figlia Luciana Bianciardi, e lei avrebbe potuto tentare di cambiare il titolo o almeno certe parole scientifiche del tutto obsolete del testo.
Infine una piccola notazione sul dettaglio riguardante il meridiano di Greenwich, che l'autore afferma passi a ovest delle Baleari, NELL'OCEANO ATLANTICO, quando invece si tratta del mar Mediterraneo, mentre l'Atlantico viene sfiorato dal meridiano solo migliaia di chilometri a Nord, al largo della Norvegia, e molte migliaia di chilometri a Sud, dopo aver attraversato gran parte dell'Africa. Va bene, al mio amico Hoyle perdono tutto, anche una piccola distrazione.
 
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