Era molto tempo che non leggevo Van Vogt, a parte un tentativo di leggere Diamondia abortito per disgusto dopo poche pagine. Però, mi dicevo, in questo caso trattasi di opera del "primo" Van Vogt, quello che quando ho iniziato a leggere fantascienza mi piaceva tantissimo, quindi, mi sono detto, diamogli una chance. Ora, spiego che normalmente se un'opera proprio non mi piace (vedi sopra), tronco la lettura senza problemi, avendo un buffer di libri arretrati da leggere lunghissimo. In questo caso sono riuscito a terminarla: il che già mi impedisce di dare a quest'opera un voto negativo. Terminata la noiosa premessa, parto con l'analisi. Allora, il romanzo ha una trama assurda e sconclusionata: questo va detto. Van Vogt aveva la mania di scrivere la notte svegliandosi a comando e scrivendo su un taccuino quello che aveva appena sognato. Nessun romanzo parrebbe epitome migliore di tale bizzarra tecnica de L'ultima fortezza della Terra. E' evidente che in quel periodo l'autore mangiava pesante e, più che di sogni, aveva incubi. Le scene si affastellano una dopo l'altra senza capo ne' coda, personaggi importantissimi appaiono dal nulla e nel nulla tornano poco dopo senza che ne sia stato chiarito il ruolo, razze aliene dalle motivazioni oscure vengono descritte e poi buttate via con colpi di scena improvvisi e privi di senso. Ma in tutto questo marasma cosmico-temporale, non posso negare che la scrittura di Van Vogt mi ha impressionato per potenza. Ciò che ad altri recensori è parso "barocco", a me è invece piaciuto nella sua bizzarra potenza evocativa... chi non ha mai provato la sensazione di essere una pedina di qualche enorme gioco cosmico (magari la vita stessa!!) senza capirci niente? Ecco, leggere questo romanzucolo mi ha evocato questa sensazione, e anche per questo non riesco a dargli un voto negativo, anche perchè non annoia e ha il pregio di terminare dopo poco più di un paio di ore di lettura. |