Nessuno riuscirà mai a spiegare a Josef K. il motivo del processo che un'autorità giudiziaria incalzante ed enigmatica gli ha intentato. Nemmeno prima del tragico epilogo, quando il protagonista verrà giustiziato. Nel corso del romanzo, i pochi spiragli che sembrano illuminare la realtà sono subito oscurati da una penembra che non si dilegua. Ma Josef K., nonostante l'angoscia della sua condizione di grottesca semilibertà vigilata, continua a vivere in un'illusoria normalità. Dopo la pubblicazione del Processo nel 1925, la critica ne ha dato le interpretazioni più diverse: in chiave religiosa, sociologica, psicoanalitica, esistenzialistica, che si contraddicono senza mai eludersi o escludersi a vicenda. Arduo ridurre il pensiero di Kafka in formule razionali, facile subire l'incanto delle sue parabole. Come questa, che si svolge sullo sfondo di una Praga sonnolenta e sinistra, anche se non viene mai citata per nome, dove Josef K. espia la "colpa" di vivere, lontano da un mitico paradiso perduto.
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