Lubimov è un romanzo scritto con generosa intelligenza, il talento di Terz vi si dispiega per intiero, i livelli di scrittura si intrecciano con apparente naturalezza e il risultato è quello di un'opera che si offre con più d'una faccia: amabilmente al lettore che s'appaghi del puro piacere estetico; sapientemente al lettore curioso di nessi e rimandi culturali; problematicamente al lettore capace di cogliere, dietro il fantasmagorico giuoco di invenzioni, la chiave d'un cifrario più tossico, fatto di emblemi, feticci, controfigure, e qui accedere all'anima vera di Terz, al segno della sua aggressiva ansietà. Lionia Tihomirov, il dittatore-mago della cittadella ribelle Lubimov, l'uomo che trasforma, per amor di popolo, le ordinarie vivande in cibi squisiti, le acque del fiume in champagne, la città in eldorado, chi non lo vorrebbe, come nelle fiabe, vincente? Ma anche nel surreale mondo che Terz inventa, dove ogni prodigio è probabile e i sogni di Chagall diventano il paesaggio d'ogni giorno, una logica ferrea ripete gli estremi dell'antico contrasto tra male e bene, tra possibile e impossibile. Terz tiene i conti e inesorabilmente tira le somme.
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