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|Fuori Collana Libri Saggistica| - Riccardo Ricciardi

 
 
Codice:84892      
 
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Titolo:   Della favola, del viaggio e di altre cose. Saggi sul fantastico
Autore:   Sergio SOLMI
Edit.:   Riccardo Ricciardi
 
Data Pubbl.:   Settembre 1971 ISBN:    non presente
Titolo e/o Data Orig.:  
Note:  
 
Genere:   Libri->Saggistica
 
Categoria:   NON FANTASTICO Rilegatura:   Brossura
Tipologia:   Principali Dimensioni:   130 x 190
Contenuto:   Saggio  N. pagine:   208
 
 
  Ultima modifica scheda: fantagufo 07/01/2018-02:03:22
 
   
 

 
 
Dopo aver firmato l'introduzione alla prima, irripetibile, raccolta italiana di racconti di fantascienza (Le Meraviglie del possibile, 1959), il poeta Sergio Solmi raccoglie i suoi scritti sul fantastico con questo volume (successivamente ripubblicato ed aggiornato nel 1978) nel quale, molti anni prima degli altri critici italiani, focalizza la sua attenzione sulla natura letteraria della narrativa d’anticipazione.
Solmi giunge subito al punto nella sua argomentazione e chiama in causa la natura utopica della science-fiction, dimensione quest’ultima che presiede alla sua nascita fin dalle origini dei viaggi in nulle-part riferiti a Thomas More o a Tommaso Campanella e che costituisce il lascito a lei affidato in epoca contemporanea da parte della letteratura rinascimentale e moderna.
Poi si interroga sulla natura profetica collettiva che si può attribuire alle opere della SF del presente e alla loro possibile funzione di precorrimento di ciò che accadrà magari anche in epoche non lontanissime.
Per Solmi, la fantascienza è una forma di utopia collettiva; è anche una forma di anticipazione delle “meraviglie del possibile” sviluppata in maniera tale che se ciò che è oggi considerato naturale solo nelle pagine dei romanzi di anticipazione un giorno dovesse risultare immerso nella quotidianità (e, di conseguenza, un evento non più misterioso e meraviglioso) finirebbe per essere considerato come un reperto archeologico nelle sue pagine a venire.
Il paragone tra le opere di fantascienza e i romanzi cavallereschi pubblicati  tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento va appunto in questa direzione – proprio nel momento in cui il paradigma del mondo medioevale viene “bruciato” (per usare un’espressone cara al Thomas Kuhn di La struttura delle rivoluzioni scientifiche) e sostituito dalle interpretazioni della scienza che contraddistinguono il mondo moderno, il romanzo cavalleresco riprende i propri temi da una tradizione che va scomparendo e li innesta su fondamenti culturali nuovi e da poco emergenti a livello di coscienza della soggettività.
Quello che ne viene fuori è la mescolanza tra antico e moderno, tra passato e presente, tra riflessione sui tempi nuovi e rimpianto di quelli appena trascorsi che costituisce ancora il fascino, ad esempio, di un poema cavalleresco come l’ Orlando Furioso.
Ma quello che è importante (e innovativo) nelle analisi di Solmi è proprio il fatto che la fantascienza viene presentata come proiezione mitica che si fa “letteratura e poesia” e che come tale può essere giudicata – tutto questo in un ambito come quello italiano in cui la letteratura d’anticipazione era considerata soltanto come letteratura popolare senza valore letterario aggiunto e senza possibilità di ottenere un riconoscimento stilistico alto.