William Hopson è uno studioso della storia del vecchio West e di recente ha racchiuso le vicende dei suoi romanzi in un periodo ristretto di anni, esattamente quelli che vanno dal 1865 al 1890. Come è noto, in questo spazio di tempo la scena della Frontiera è dominata dai protagonisti dell'ultima sanguinosa resistenza indiana contro l'esercito degli Stati Uniti e il cosiddetto processo di civilizzazione dei vasti territori. Attraverso le trame di Hopson galoppano capi come Geronimo, il vecchio Nana, l'indomabile Cochise, il saggio Toro Seduto e altri. Paralleli a queste opere sono i western dove compaiono i solitari uomini di pistola, quasi sempre senza amici e immersi nelle situazioni più difficili, i quali riescono, sia pure attraverso grossi sforzi, a collaborare al trionfo della giustizia, a quella giustizia morale che lo stesso Hopson sembra prediligere: meritata per doti di coraggio, di freddezza e di raziocinio. Gli eroi dei suoi romanzi di solito si muovono su una scena che al principio sembra desolata e che a poco a poco si popola di personaggi, chi minacciosi, chi benevoli. Il Ritorno di fuoco, ripubblicato anche quest'anno in America nella collana « Gold Medal », rappresenta un tipico esempio di come Hopson da un clima grigio, senza luce e senza speranza, attraverso pagine di azione violenta, riesca, per così dire, a far risplendere il sole. Il protagonista è infatti un certo Carr, che ritorna a Salt Fork. È una mattina oscura, le strade sono polverose e silenziose: da qualche giorno la notizia del ritorno del pistolero si è diffusa nella cittadina. Ad attendere Carr sono i quattro Kendall (e qui sono evidenti i rapporti tra questa avventura e la Sfida all'O.K. Corral). Tutti e quattro sono ansiosi di estrarre le pistole e far fuoco, ma non possono impedirsi di pensare ai cinque fuorilegge uccisi in duello da Carr. La mattina si illumina di sole e diventa chiara. E chiara è la certezza che prima del tramonto a Salt Fork bisognerà seppellire qualcuno
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