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Codice:63125      
 
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N. Volume:   708
Titolo:   L'uomo a cui piacevano i cani e altri racconti
Autore:   Raymond CHANDLER
   Traduzione: Attilio VERALDI
 
Data Pubbl.:   Luglio 1974 ISBN:    non presente
Titolo e/o Data Orig.:   Killer in the rain
Note:  
 
Genere:   Libri->Gialli
 
Categoria:   NON FANTASTICO Rilegatura:   Brossura
Tipologia:   Principali Dimensioni:   112 x 182
Contenuto:   Antologia  N. pagine:   180
 
 
  Ultima modifica scheda: Algernon 27/03/2016-18:16:50
 
   
 

 
 
Questi quattro racconti che qui si ripubblicano appartengono a un gruppo di otto racconti che il grande scrittore giallista aveva debitamente pubblicato tra il 1935 e il 1941, ma che poi aveva fatto di tutto per far dimenticare. Perché? Meno belli degli altri quattordici racconti noti sino alla riscoperta dei primi otto? Per nulla. Il professor Durham dell'Università di California, che li ha riesumati dall'oblio, è categorico: "Sono i più bei racconti che Chandler abbia mai scritto." Appunto perché erano i suoi più belli, Raymond Chandler li conservava segretissimi: ne era geloso fino alla mania: rappresentavanó infatti una specie di capitale in banca. Quando voleva scrivere un romanzo andava a prendere uno di questi, racconti, se lo leggeva per bene e da uno cavava fuori un personaggio, da un altro un episodio, da un terzo una descrizione. Per scrivere II grande sonno pescò un po' da In un giorno di pioggia e un po' da Lo scomparso, e per La donna nel lago spigolò da Blues di Bay City, da In montagna non c'è pace e da un racconto di quattr'anni prima che si intitolava anch'esso La donna nel lago ma che era completamente diverso, ecc. Per esempio, in questi racconti si assiste alla nascita, a poco a poco, del celebre Philip Marlowe. Sulle prime è un detective senza nome, poi s'incomincia a chiamare Carmady, quindi cambia il nome in quelli di John Dalmas e di John Evans - e finalmente viene battezzato Philip Marlowe: ma è sempre lo stesso "uomo nato per l'avventura" che compie il suo tremendo lavoro con pena e disgusto, animato soltanto dal disperato bisogno di portare a termine un'opera "appassionatamente morale."