Scritto tra il 1926 e il 1927, Poirot e i Quattro può essere definito un romanzo di intrigo internazionale. Troviamo qui tutti gli elementi che in seguito diverranno caratteristica quasi costante di questo tipo di romanzo: lo scienziato scomparso, le sofisticate armi delle spie, i codici, le descrizioni tecnico-scentifiche: ma pur sconfinando nella politica internazionale il romanzo mantiene la metodologia del giallo: i servizi segreti appaiono solo fugacemente, sotto le vesti di un agente che ha il ruolo di comparsa e l’antagonista di Poirot non è rappresentato da una rete spionistica, né da un governo, ma da un gruppo di uomini che agiscono a livello individuale.Così Poirot può battersi coi metodi di sempre, tallonato dal fedele capitano Hastings… Sappiamo tutti che alla fine vincerà, così come sappiamo che le sue piccole cellule grigie sono infallibili; ma le difficoltà all’interno delle quali Poirot si muove sono così ben descritte, così astutamente calibrate, così accortamente suggerite che il dubbio di una possibile sconfitta, a una pagina all’altra, ci coglie. E, con il dubbio, una sorta di panico. Quando, poi, come nel caso in esame, l’intrigo è tanto vasto e tanto spettacolare da non lasciare più spazio ai tentativi di indovinare a priori “come andrà a finire”, allora vince la curiosità di “come potrà finire”. E al tifo si mescola l’ansia. Come dire che manca molto poco perché il sentimento si trasformi in amore.
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