«Victor, malasorte, il domani è alle porte». È la frase che delizia i parigini. Compare da quattro mesi intorno ai misteriosi cerchi azzurri tracciati col gesso di notte sui marciapiedi. In mezzo al cerchio, un tappo di birra, una chiazza di vomito, un accendino, una cacca di cane... Giornalisti e psichiatri discettano. Adamsberg pensa invece che non ci sia proprio niente da ridere. Lui lo sa. Lui lo sente. Che nei cerchi c'è crudeltà. E aspetta. Aspetta che in mezzo al cerchio azzurro compaia il primo cadavere. Il lettore non ancora abituato ai metodi di Jean-Bapstiste Adamsberg ha l'occasione di provare lo stesso stupore che dovettero provare i poliziotti e gli investigatori del commissariato del quinto arrondissement di Parigi quando videro arrivare quest'uomo venuto non si sa da dove, forse bello ma forse no, piccolino, vestito malissimo, che scarabocchia sempre qualche disegno invece di prendere appunti. Solo la fama dei casi risolti fino a quel momento salva Adamsberg dal dileggio, quando i suoi uomini si accorgono che passa il tempo a prendere sul serio la cosa più futile che accade a Parigi. I cerchi azzurri. Per il lettore che invece già ama Adamsberg c'è il pieno rivelarsi del suo fertile antagonismo con Danglard, il cartesiano che non disdegna l'alcol: e vediamo comparire anche la bella Camille. Mentre la crudeltà percepita dal commissario si svela implacabilmente, e la profondità del male di cui è capace un essere umano lascia incredulo e smarrito lo stesso Adamsberg.
All'origine del "caso Vargas" in Francia, dove i suoi romanzi raggiungono regolarmente il vertice delle classifiche, ci sono il linguaggio terso, lo stile ironico e incisivo, la capacità di prendere per mano il lettore fino alla rivelazione finale, e l'accuratezza nei dettagli più sorprendenti, che le viene dalla passione medievalista e dalla professione di zooarcheologa. Da qui il gusto per la detection, per le impronte, le tracce, le piccole cose senza importanza che permettono di dedurre, per una qualche «associazione di idee», la soluzione di un caso. E c'è naturalmente la simpatia con cui è ritratto il mondo dell'Anticrimine parigina dove si muove il personaggio di Fred Vargas piú amato dai lettori, quel commissario Jean-Baptiste Adamsberg - uno «spalatore di nuvole», uno che preferisce procedere a zigzag e aspettare le soluzioni, invece di cercarle - che fa la sua prima apparizione assoluta in questo romanzo, pubblicato per la prima volta nel 1992. Con lui, ne L'Homme aux cercles bleus fa il suo ingresso anche l'antagonista, il coltissimo, iperrazionalista e pieno di complessi ispettore Danglard. Umanamente fragilissimo e molto portato alla deduzione razionale, Danglard diventa subito necessario ad Adamsberg, che sembra inseguire all'opposto solo le proprie intuizioni, fino a trascurare le regole di base dell'investigazione: ma proprio per questo sa benissimo di avere bisogno della mente ordinata di Danglard. Del variopinto circo che accompagna Adamsberg in questo romanzo i lettori apprezzeranno in particolare la figura di Mathilde, la madre di Camille, la non-fidanzata storica del commissario, e avranno più chiari alcuni nodi del complicato rapporto che lega Adamsberg alla ragazza che sempre lo fugge, e di cui lui è perennemente innamorato...
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