Sean Russell si è già costruito una solida reputazione di esperto “rivisitatore” del passato, grazie allo straordinario ’700 parallelo da lui tratteggiato nelle ormai celebri “Avventure di Tristam Flattery” «Ciclo dell’“Eterna giovinezza». Ora si è impegnato in una sfida ancora più impegnativa: ricreare lo spirito, il clima culturale, l’iconografia e la mentalità dell’Oriente Medioevale. Si tratta di un’impresa che avrebbe fatto tremare le vene ai polsi di non pochi storici ed “esperti”, ma nella quale Russell si è gettato con l’abituale forza visionaria e con il suo ineguagliabile talento per la narrazione di taglio avventuroso. Il risultato è il magico, ambiguo, misterioso, affascinante Impero di Wa, sofisticata fusione di Cina e Giappone piena di samurai e gheishe, sovrani e maghi, monaci zen e spie ninja. Dimostrando - come al solito - di sapere padroneggiare abilmente la materia anche grazie alla profonda conoscenza del contesto storico da cui ha tratto ispirazione, Russell è stato capace di tracciare un affresco mozzafiato, di straordinario respiro e incantata bellezza. La sfida mortale fra l’imperatore Akantsu e il Signore della Guerra, Shonto, in realtà fedele ma la cui grandezza fa ombra al sovrano, si dipana sullo sfondo di un Oriente reinventato che pure echeggia a ogni volgere di pagina degli echi del vero medioevo cinese e nipponico. E al centro della scena, domina la figura di Shuyun, membro di un ordine monastico chiaramente plasmato sulle reali credenze del buddhismo-zen, padrone di poteri straordinari, indecifrabile e sublime. Il risultato è un romanzo di raro spessore e, nello stesso tempo, assolutamente godibile. Un classico dell’avventura esotica, come non se ne vedevano da anni. Saga dell’«Impero Wa»
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