Tollerate da un'autorità nuova, e per altri versi orridamente repressiva, bande di "giustizieri" infestano la città vetrioleggiando le belle donne. Che grazioso avvio per un romanzo di fantapolitica o di fantasociologia! Ma La bellezza di Alcide Paolini appartiene solo in piccola parte a questi generi. Quale evento, o presa di potere, divide la società che Paolini descrive dalla nostra? Chi è Marcello, pittore dissidente la cui ambizione lo porterà a flirtare col potere; e chi è la bellissima Giulia, sua moglie, abbandonata per non aver ceduto al ricatto della sua carriera, e ancora ricattata dalla falsa ideologia del giovane amante succeduto al marito? Via via che la lettura de La bellezza avanza, cresce l'impressione che il futuro di Paolini sia semplicemente un delirare e allucinare la cronaca dei nostri anni. È come se l'insicuro e friabile presente fosse per inerzia smottato, conservando intatti tutti i suoi strati: da un lato il mondo oscuro del "potere"; dall'altro quello inverso, e altrettanto oscuro, della "clandestinità"; nel mezzo il fragile e velleitario "dissenso" degli intellettuali. Strati definiti, compatti, al di sotto dei quali altri e più conturbanti fenomeni ribollono, schizzando ora al di qua ora al di là di ogni pensabile morfologia politica.
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