Il padrone della notte raccoglie una serie di racconti dello "straordinario". Ne Le uova di ghiaccio un ricercatore scopre la stanchezza del proprio ordine razionale; Il dodo è la malinconica storia della resurrezione di un animale derelitto e fantastico, ne Il Sorriso rosso una donna tenta la scalata a una purezza fisiologica che è santità; e così via. Il lettore potrebbe essere tratto in inganno e lasciarsi sedurre dalla vena in apparenza surreale e metafisica. Sarebbe un errore critico. Nievo in realtà è lontanissimo dal riprodurre una maniera, uno stile o una mitologia letteraria. Accanto a questi racconti dove l'eruzione vitale e lo spazio invadente di un'altra dimensione sommergono le linee narrative, un parossistico impeto di mimesi fantastica ci offre poi un Nievo del tutto inedito, tirato fino allo spasimo del tour de force letterario. In due "pannelli", ispirati rispettivamente a un grande dipinto di Géricault e alla Pietà michelangiolesca, il mistero della creazione d'arte viene rivissuto, in termini di veemente manierismo, come un evento naturale e tellurico, in tragica sintonia col cataclisma che ha distrutto, nel maggio del '76, insieme a tanti villaggi del Friuli, anche il castello avito dello scrittore. Nasce di qui il tema dell'ultimo racconto.
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