E’ la vicenda dell’ ingegner Dale che, dopo una lungo soggiorno all’estero rientra in patria (l’Italia fascista? La Russia stalinista? Sembra la questione sia dibattuta nelle accademie letterarie, ma in fondo, forse, non è importante). Qui si trascinano gli ultimi strascichi di una terribile guerra civile, tra "Bande" e "Partigiani", questi ultimi vittoriosi, e si compie una rivoluzione che inevitabilmente, come tutte le rivoluzioni porterà ad una società più sana, giusta e forte, simboleggiata dalla formidabile descrizione nell’incipit del libro di una scultura in gesso: un uomo e una donna che si tengono per mano ed avanzano con passo deciso guardando sicuri davanti a sé. La realtà è ben diversa, e nell’abisso tra realtà e mondi sognati ci si può perdere e sprofondare. In realtà tutto tende ad "incoraggiare" l'uomo a vivere per la collettività e non più per se stesso: ciò che è privato viene sistematicamente distrutto da un sistema totalitario ben più cupo, angosciante ed inquietante del 1984 di Orwell, in cui la violenza verso l’uomo è aperta e manifesta. In Alvaro, la leva di cui si serve il regime onnipotente che tutto vede e tutto sa per condizionare l’io ed imprigionarlo senza scampo è il senso di colpa, instillato in ogni donna e uomo in una serie di non detti e non accaduti eppure immanenti, concretissimi e brutali.
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