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Collezione Immaginario. Dick - Fanucci

 
 
Codice:5631      
 
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Titolo:   Confessioni di un artista di merda
Autore:   Philip K. DICK (ps. di Philip Kindred DICK)
   Traduzione: Maurizio NATI
 
Data Pubbl.:   Marzo 2002 ISBN:    9788834708620
Titolo e/o Data Orig.:   Confessions of a Crap Artist, 1975
Note:  
 
Genere:   Libri->Fantascienza
 
Categoria:   FANTASTICO Rilegatura:   Brossura
Tipologia:   Principali Dimensioni:   141 x 220
Contenuto:   Romanzo  N. pagine:   288
 
 
  Ultima modifica scheda: adso 11/01/2019-23:34:19
 
   
 

 
 
Confessioni di un artista di merda è uno dei romanzi di Dick che non affronta temi fantascientifici, e in cui piú si evidenzia quell'atmosfera sospesa tra il dramma e il divertimento surreale tipica delle sue opere migliori. Con una galleria di personaggi magnificamente dipinti, lo scrittore ci porta nella California della fine degli anni Cinquanta, dove si muovono quattro grandi protagonisti: Fay Hume, una donna bella, aggressiva e materialista; il marito Charles, un self-made man che possiede una casa di lusso e una proprietà di dieci acri, totalmente incapace di rapportarsi con la moglie; Nathan Anteil, un giovane e smarrito intellettuale; infine il fratello di Fay, Jack Isidore, l'artista del titolo, il personaggio piú affascinante del romanzo. Jack è un collezionista di vecchie riviste di fantascienza, crede negli UFO, in Atlantide, nella Terra Cava, nelle percezioni extrasensoriali e nell'imminente fine del mondo. È un personaggio che affronta la vita a modo suo, con una fede caparbia e soprattutto poetica, sancita nel memorabile incipit: «Io sono fatto d'acqua. Non ve ne potete accorgere perché faccio in modo che non esca fuori. Anche i miei amici sono fatti d'acqua. Tutti quanti. Il nostro problema è che non solo dobbiamo andarcene in giro senza essere assorbiti dal terreno ma, anche, che dobbiamo guadagnarci da vivere». Isidore è davvero, come in seguito lo descrisse Dick, «uno degli stupidi amati da Dio», ‘eroe' di un toccante romanzo in bianco e nero che anticipa una sensibilità che oggi ritroviamo in film come L'uomo che non c'era dei fratelli Coen, in cui un'epoca, il delicato tramonto degli anni Cinquanta, viene riscoperta attraverso lo smarrimento sbigottito dell'individuo di fronte alla Storia e alla vita.