Kurt Vonnegut, stilista tra i migliori di questo genere letterario e giustamente famoso anche al di fuori del genere, ci ha dato con quest’opera un ritratto approfondito e pieno di sensibilità di un’America in cui regna un apparente benessere. La visione delle macchine che hanno rimpiazzato l’uomo e lo hanno così svuotato di ogni interesse per la vita è intelligente e agghiacciante: il benessere materiale è stato totalmente conseguito grazie all’impiego massiccio della meccanizzazione, le macchine hanno sostituito gli uomini in ogni attività manuale e anche in gran parte di quelle intellettuali. Il cittadino medio americano, pur fornito di ogni comfort possibile, è però confinato in ghetti nettamente separati dalle cittadelle dove le macchine e i loro signori, i tecnocrati, dominano incontrastati. E in questi ghetti la sua vita si svolge nella miseria intellettuale più completa e, pur di far qualcosa, egli è costretto a compiere lavori degradanti e perfino inutili. Distruggete le macchine è la storia della rivolta contro questa società da parte di Paul Proteus, giovane e brillante ingegnere, destinato a una rapida carriera fino ai vertici della piramide tecnocratica, ma troppo onesto e tormentato nell’animo per non provare dubbi sulla validità di uno status sociale che è una vera e propria dittatura di classe, guidata da un gruppo di tecnocrati e di grandi impresari industriali, che manovrano il paese in nome di un’etica ipocrita ed arida.
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