Il racconto, preludendo in parte al celebre film Matrix, implica delle fondamentali questioni ontologiche e filosofiche: che cos’è il reale? Esse est percipi? Davvero la coscienza umana è diversa da una sintetica e, se è così, in che cosa risiede la differenza? Esiste l’anima e tutti l’hanno o molti tra noi sono esseri non umani, sebbene antropomorfi? Ci si interroga oggi giorno sull’intelligenza artificiale, su un’umanità futura in cui il confine tra biologico ed elettronico sarà labile, un’epoca nella quale l’uomo sarà sempre più artificiale e la macchina sempre più naturale. Quali conseguenze potrà avere questo salto bioelettronico sul piano del pensiero e del comportamento? Sono foschi scenari futuri che Dick prospetta, con la sua arte essenziale ed incisiva. In modo paradossale una possibile salvezza è nell’atteggiamento dolente ed interrogativo di Poole, il protagonista della storia, più umano di molti umani.
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