Il titolo del romanzo, nella nostra traduzione, è veramente azzeccato: è davvero un'estate incantata quella di cui parla Ray Bradbury. L'estate della sua fanciullezza, quella da cui l'autore attinge a piene mani per creare i racconti che, riuniti in una scrittura unitaria, vengono a formare questo romanzo omogeneo. A volte si percepiscono abbastanza distintamente i salti tra un racconto e l'altro, ma la dimensione nostalgica, onirica e suadente con cui vengono proposte le piccole vicende quotidiane ambientate nella provincia americana, riesce a rendere gradevole e fluente la lettura. La fantascienza è marginale, quasi un pretesto per poter parlare dell'ingenuità di un fanciullo, e il sense of wonder con cui quello stesso bambino guarda alla vita.
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