Il gioco di inventare paesi fantastici, genti immaginarie, usi e costumi pittoreschi ha una salda tradizione alle sue spalle, e la fantascienza vi ha fatto ricorso un numero infinito di volte. Raramente però questo gioco ha raggiunto i vertici di umorismo toccato da L. Sprague de Camp nel suo "ciclo di Novaria". I bersagli contro cui De Camp indirizza le sue frecciate sono ben noti ai lettori di fantascienza: la saccenteria dei pedanti, la vanagloria dei guerrieri da poltrona, l'astuzia truffaldina dei demagoghi. Perciò si può essere sicuri, iniziando a leggere una sua opera, che troveremo, dietro la maschera dell'ambiente immaginario, situazioni e comportamenti che ci circondano nella vita di tutti i giorni. Il mondo di Novaria è un reame tipicamente alla maniera di De Camp. Vi domina una curiosa e ribalda anarchia di forme politiche e sociali. Regni costituzionali e no, repubbliche oscurantiste o illuminate, e anche il puro e semplice dominio del più forte: ognuna di queste forme vi trova dei convinti assertori. In questo mondo, l'unica persona capace di avvertire le incongruenze che lo circondano è il protagonista del romanzo, Jorian. Re per caso, avventuriero suo malgrado, cantastorie per vocazione, viene coinvolto nella estenuante ricerca di un antico tesoro: in essa incontrerà ogni sorta di nemici e di pericoli, nella miglior tradizione dell'avventura eroicomica.
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