Blixen "narrava le sue storie, anche le più strane, come se le avesse viste accadere coi suoi occhi, e non è affatto escluso che così fosse". E guardava alla sua opera, da tessitrice inarrestabile, come a una sterminata sequenza di racconti intrecciati. Così questi "Racconti d'inverno" rimandano punto per punto alle "Sette storie gotiche" e insieme alle narrazioni successive. Ma allo smalto del primo libro, a quella "luminescenza sulfurea" che vi avrebbe notato un'altra grande scrittrice, Carson McCullers, fa seguito qui una nebbia sognante, un perdersi degli orizzonti, uno slancio migratorio fra i boschi, i ghiacci e acque. Su questi sfondi, vibranti di malinconia, si distaccano le variegate figure chiamate volta a volta a giocare quel Gioco degli Opposti che è la perenne ossessione della Blixen. I destini dei suoi personaggi si rovesciano continuamente come guanti, ma non potremo mai dire quale ne è il rovescio e quale il diritto. Desiderio e realtà, schiavo e padrone, uomo e donna, scrittore e lettore, fedeltà e tradimento, onore e vergogna si alternano e mutano senza tregua di abito, come le due silenziose sorelle di uno di questi racconti.
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