Di "onnipotente riserbo delle cose" parla Julien Gracq in uno dei suoi libri. Con forse altrettanta proprietà se ne può parlare a proposito del suo primo romanzo, dove il riserbo è la forza magica e scatenante di un dramma che le parole non avrebbero saputo né esprimere, né, forse, evitare. In un castello isolato nel paesaggio bretone, il giovane proprietario, Albert, riceve la visita del suo amico di adolescenza Herminien e della bellissima donna che lo accompagna, Heide. Tra loro si annodano subito rapporti di natura indefinibile e di straordinaria intensità, che ciascuno dei tre osserva con curiosità spaventata e contribuisce a portare fino alle estreme conseguenze. Il numero ristretto dei personaggi è del resto significativo: di un mondo chiuso nel quale sono presenti tutte le possibilità di gesti e di sentimenti; e, come avverte lo stesso autore, del carattere interiore del dramma. Quello che accade tra loro è accennato dalle parole, non spiegato, ma " illuminato " come fasci intermittenti di luce che li colgono in alcuni momenti di elezione del loro sodalizio. Ma tutta la tensione creata dall'esistenza di ciascuno di fronte agli altri si risolve puntualmente in alcuni avvenimenti che sono gli atti della loro misteriosa tragedia. Misteriosa, non perché questi avvenimenti non siano in se stessi ferocemente semplici, ma perché non possono essere compresi altro che attraverso questa con-centrazione di " luci " che li abbagliano da ogni parte, cosi come un oggetto immerso nell'oscurità, da qualsiasi punto sia rischiarato, getta un'ombra dietro di sé che è a sua volta la sorgente di un nuovo mistero.
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