Non di rado Rudyard Kipling (1865-1936) è stato ignorato dai cultori della letteratura fantastica e del terrore. A torto: nella sua opera vasta, ambigua, e affascinante, l'ignoto - e la paura dell'ignoto - ha un ruolo costante e fondamentale. E nel primo periodo, quello indiano, questo aspetto è se mai esaltato dal tono beffardo, quasi crudele, del narratore, e dall'estremo realismo della cornice. I tredici racconti del presente volume, tutti scritti per i giornali di Lahore e di Allahabad tra il 1885 e il 1889, « usano » il soprannaturale in maniera spesso innovatrice. Nella casa di Suddhoo, Il bisara di Pooree, Il marchio della bestia, e La strada del pozzo gorgogliante trattano gli aspetti più maligni della magia indiana, con i perfidi incantesimi, le vendette fatali, e lo sfruttamento della superstizione da parte di abili truffatori. La mia storia vera di fantasmi, Il risciò fantasma, e La legione perduta sono in fondo classiche ghost-stories nella migliore tradizione britannica, con un brivido in più grazie all'efficacia con cui è dipinto lo sfondo esotico: un bungalow dak quasi abbandonato, il piccolo mondo pettegolo della capitale estiva, e la dura realtà della montuosa marca afgana. Il ritorno di Imray, A viva voce, Nell'ora del trapasso, Il sogno di Duncan Parrenness, offrono ritratti brutali ma affettuosi dei giovani amministratori dell'Impero, e degli stati mentali anomali prodotti dalla solitudine, dal caldo tremendo della pianura, e dalla paura costante del tifo e del colera. Infine, La strana cavalcata di Morrowbie Jukes e L'uomo che volle essere re possono essere letti come amare rappresentazioni allegoriche della truffa morale e culturale che è alla base della presenza britannica in India.
A cura di Malcom Skey.
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