Protagonista di questo racconto è Hodgià Nasreddin, eroe leggendario, antichissimo e popolarissimo dell'antico Islam. Cavalleresco protettore dei deboli e degli oppressi, consolatore dei poveri e degli sventurati, pronto di lingua e, all'occasione, lesto di mano, faceto burlone e vagabondo, ardimentoso e astuto, ribelle e spavaldo, egli ricorda per l'avventata beffarda espansività dell'umore Till Eulenspiegel e, per la sentenziosa popolaresca saggezza, a volte, il nostro Bertoldo. Hodgià Nasreddin sta al centro di una lunga serie di racconti che, tramandati da generazione a generazione, da popolo a popolo - Persiani, Arabi, Indiani, - passati finalmente in Turchia e 'qui fissatisi nel testo, furono, attraverso traduzioni e adattamenti, noti anche ai popoli europei. Il presente volume prende a soggetto un soggiorno di Hodgià Nasreddin a Bukhara, sua città natale, dopo un'assenza di dieci anni. Leonida Soloviòv, rilevando i tratti fondamentali della leggenda, presenta Hodgià Nasreddin vagante di terra in terra, adorato dai popoli, derisore e castigatore dei malvagi, assetato di giustizia e di libertà. Gli è compagno nelle imprese un muletto, il suo fido Ronzinante, tolto a simbolo del suo amore per la umile, anonima fatica quotidiana. Lo stile narrativo, assolutamente semplice, ritrae con singolare freschezza l'ingenuità fantastica e l'anima malinconica delle tribù orientali.
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