Enoch Wallace è il tipo di personaggio perfettamente congeniale a Clifford D. Simak: generoso e individualista, come tutti i migliori eroi di questo abilissimo scrittore di fantascienza, Enoch è quasi completamente al di fuori della realtà quotidiana, dalla quale lo escludono il suo carattere solitario e introverso e la sua appartenenza a un'epoca trascorsa: il milleottocento. Con le sue rare e curiose amicizie, nessuno sospetterebbe che la sua vita, malgrado l'apparente isolamento, è in realtà sovraffollata di incontri e di scambi con le creature più incredibili dell'universo: extra-terrestri provenienti dai più remoti pianeti della galassia, fantasmi elettronici dalla voce e dalla sembianza umana, che egli può evocare in qualsiasi momento, animali misteriosi dei quali si reca a caccia in mezzo a inusitati paesaggi e che sono capaci di divorarlo se egli sbaglia il tiro. Di questo strano transito di esseri di altre dimensioni egli è il solo spettatore terrestre. Quando ha accettato di far installare nella sua casa una stazione per il teletrasporto nello spazio e gli è stato assegnato il compito di custodirla, ha ottenuto in cambio un'esistenza quasi immortale. Ma nella natura profondamente umana e sensibile del personaggio ciò che urge non è il singolare privilegio di cui gode, quanto la mancanza di amicizia di cui soffre e l'altruistico desiderio di rendersi utile.
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