Quando il professor Fred Hoyle (1915-2001) fece alla Royal Society una conferenza per esporre la sua teoria dell’universo in espansione, benché modestamente si sforzasse di descriverla come un “piccolo” ampliamento della teoria eisteiniana, i suoi ascoltatori, racconta la rivista Time, “restarono a bocca aperta, stupefatti, incapaci di dir più una parola.” Quello di lasciar attoniti i colleghi scienziati è stato particolare motivo di compiacimento per Fred Hoyle: lo ha fatto sempre, sia quando esponeva nuove teorie scientifiche, sia quando, nei ritagli di tempo, scriveva romanzi di fantascienza. Del resto, le due attività erano così strettamente correlate, in lui, da integrarsi a vicenda. Per esempio: quando Hoyle ha condotto degli studi per la programmazione di un calcolatore destinato a ricalcolare l’età delle stelle ha fatto seguire un ciclo di romanzi, iniziato con il fortunato A come Andromeda e continuato con L’insidia di Andromeda appunto tutto costruito intorno ad un gigantesco calcolatore astronomico e ai problemi che il suo uso pone all’umanità. Ma anche si lega direttamente alla sua personalità di scienziato eminentissimo un altro dei leit-motiv della sua produzione romanzesca: la polemica contro il cattivo uso che i politici e i militari cercano sempre di fare delle scoperte della scienza e del lavoro degli scienziati; questo dalla Nuvola nera al Quinto pianeta, dove il lettore troverà facilmente tutti i fili di questa polemica e scoprirà come si incrociano e s’aggrovigliano con il filo rosso della frustrazione dello scienziato nel mondo moderno; ma anche con una satira acuta e personalissima di altre frustrazioni, per esempio quella sessuale. Non per niente il protagonista di questo romanzo è uno scienziato che nella vita familiare è cornuto e (almeno pare) contento. Per scrivere questo piccolo capolavoro, Hoyle si è avvalso della collaborazione di suo figlio Geoffrey: padre e figlio, équipe felicissima ma rara nella storia della letteratura, e non solo fantascientifica.
|