Sei problemi per don Isidro Parodi sono sei racconti gialli, ambientati a Buenos Aires nei primi anni Quaranta, in cui la ricerca del colpevole è affidata a un ex barbiere, recluso nella cella 273, un uomo che può solo affidarsi al racconto dei suoi visitatori, e affinare ogni sua arma logica. Come l'Auguste Dupin di Poe, don Isidro non ha nemmeno bisogno di vedere il luogo del delitto. Borges e Bioy Casares si divertono a trascinare il lettore in un gioco di specchi o di scatole cinesi: i due autori si nascondono dietro l'identità di uno scrittore immaginario (Honorio Bustos Domecq), lo fanno presentare da una “esimia educatrice" e da pomposo cattedratico, ovviamente inesistenti, e buona parte del testo è costituito dai racconti (dispersivi, ridondanti, prolissi, retorici, a volte davvero assurdi) di coloro che vanno a cercare aiuto presso l'improvvisato detective, che alle domande pertinenti ne alterna di apparentemente inutili. Condannato per omicidio a 21 anni, seppure innocente, don Isidro aveva la reputazione di anarchico, ma forse era solo uno spiritista: “Parodi conservava tutta la sua agilità mentale e, grazie alla sua ingegnosità e alla generosa distrazione del vicecommissario Grondona, sottoponeva a lucido esame i giornali della sera". Ironia e parodia sorvolano ogni trama, ai visitatori di don Isidro manca il dono della sintesi, il lettore si perde nei dettagli, continuamente distratto e depistato. Eppure lo schema è lineare: ogni racconto è diviso in due parti, nella prima i visitatori espongono l'enigma del delitto, nella seconda don Isidro offre la soluzione, semplice e rigorosa. Ogni precedente allusione trova il suo posto, perfettamente logico. E la cella di un carcere sembra il luogo più adatto per far funzionare il cervello, al riparo dal rumore di fondo della civiltà moderna.
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