Martedina, la piú semplice e la piú umana delle favole di Bonaviri, nasce dalla domestica quotidianità per giungere, con un improvviso scarto della fantasia, a guardarla e a giudicarla dall'alto di una condizione extraterrestre. Fisicamente separato, questo nostro mondo di tutti i giorni con le sue umili strutture familiari e le sue usuali regole di comportamento resta però al centro dello sguardo di questi impreveduti astronauti e punto di riferimento delle loro discussioni. Ma proprio per la sua semplicità, la favola è piú che mai lietamente perseguibile sia nella sua libera evasione sia nei persistenti legami su cui i protagonisti vanno misurando il senso del loro folle volo. Tra magia e realtà, tra miracolo e legge, il racconto continua a muoversi, forse un po' piú pendendo, questa volta, verso il secondo termine e un po' piú caricandolo di ironia, con un ulteriore acquisto della godibilità del testo. Ma a questo punto era fatale che Bonaviri approdasse alla poesia, tanta era sempre stata la carica fantastica e l'invenzione linguistica della sua narrativa, ed era pure fatale che essa nascesse dall'interno della sua avventurosa scientificità, come un naturale prolungamento espressivo che tocca subito una felicità assoluta.
|