Il tema dominante è questo: l'uomo è condannato alla memoria. Il luogo ove questo processo continuamente si celebra è la storia: « il futuro è un presente che si annoda sopra se stesso »: « il tempo è uno solo ». Questo tema si scandisce in due momenti narrativi distinti. Nel primo, ove compaiono come protagonisti Cristo e Lenin, il georgiano Stalin dai baffi neri, e, in un lungo intermezzo, Amleto e Polonio, si fa il consuntivo delle delusioni della storia: proprio chi vuol salvarsi sarà dannato. Nel secondo la storia è vista come un carosello senza fine specchiato nei frammenti di uno specchio infranto, che rimandano immagini ricorrenti, intercambiabili, rigorosamente caotiche. Chi se ne rende conto (il molteplice "io" dalle mille identità) è condannato e assolto contemporaneamente: lo stato d'assedio è permanente, la fucileria crepita nelle strade, l'Apocalisse è già cominciata. Ma (attenzione!) neanche l'Apocalisse finirà mai; la catastrofe, come l'utopia della salvezza, è un segnale, non un evento: « il mondo conosce da solo i suoi problemi e li risolve, o non li risolve, da sé medesimo, per vie traverse ed oscure che vengono conosciute soltanto dopo i risultati ».
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