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Codice:40651      
 
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Titolo:   La caduta dell'impero sovietico
Autore:   Donald JAMES
   Traduzione: Adriana DELL'ORTO e Vladimiro MANZINI
 
Data Pubbl.:   Febbraio 1983 ISBN:    non presente
Titolo e/o Data Orig.:   The Fall of the Russian Empire, 1982
Note:  
 
Genere:   Libri->Spy Story
 
Categoria:   NON FANTASTICO Rilegatura:   Cartonato con sovracoperta
Tipologia:   Principali Dimensioni:   145 x 225
Contenuto:   Romanzo  N. pagine:   372
 
 
  Ultima modifica scheda: bibliotecario 17/01/2021-15:14:45
 
   
 

 
 
Pochi giorni prima della morte di Breznev, prevista così brillantemente in questo La caduta dell'Impero sovietico, l'importante quotidiano parigino Le Monde pubblicava in prima pagina questa recensione del romanzo di Donald James, scritta dal suo più importante sovietologo (e a lungo apprezzato corrispondente da Mosca), Jacques Amalrik. Essa contiene motivi polemici e meditati elogi che vai la pena di far conoscere anche al lettore italiano di questo straordinario "romanzo di fatti veri". Ecco qui: L'empire soviétique va-t-il s'effondrer?«L'Impero sovietico sta per crollare? A domanda brutale, brutale risposta. Per Donald James, l'esplosione finale è solo questione d'anni, a giudicare da come già oggi l'edificio traballa sul suo piedestallo d'impostura. Grave errore, si è tentati di ribattere. Se, infatti, i dati relativi al problema, raccolti da James, sono per lo più esatti, l'autore ha il torto di ragionare senza tenere abbastanza in considerazione le leggi non scritte e sconosciute alla nostra fisica politica. «Il potenziale lettore della Caduta dell'Impero sovietico non si lasci scoraggiare da questo esordio polemico. Ci troviamo di fronte a un'appassionante opera di fantapolitica, ben costruita, altrettanto ben documentata, che si legge d'un fiato. Il profano vi scoprirà due o tre cose fondamentali sulla società sovietica e, chissà?, magari lo stimolo a saperne di più sulla seconda potenza mondiale. Quanto all'iniziato, cercherà le "chiavi" di questa salutare provocazione, tenterà di identificarne i personaggi e le fonti, salvo, poi, contestarne la conclusione. L'essenziale non è forse di stimolare un dibattito? «La trama del libro è semplicissima: alla morte del vecchio Segretario generale del Partito, Romanovskij, si scatena una spietata lotta per la successione tra Semion Kuba, il potente capo del KGB (i cui metodi fanno pensare a quelli di Beria) e Natalia Roginova, responsabile del Partito per la regione di Mosca, "real-krusceviana" per eccellenza (modello: la Furtseva, una delle pochissime donne che abbiano fatto parecchia strada nel sistema sovietico). Ma mentre gli apparatciki affilano le armi, il popolo non resta inattivo: la rivolta scoppia tra gli operai, così come nell'Asia centrale e tra le altre minoranze etniche dell'Impero. Le sommosse si succedono a catena, e Kuba, che pure è riuscito a eliminare la Roginova, è costretto, per riportare la calma nelle "colonie" dell'Impero, ad aprire i campi di concentramento. Per il potere sovietico le faccende andranno meno lisce che alla morte di Stalin, e orde urlanti il loro odio si riverseranno fin sulla Piazza Rossa... «Le fonti di James sono facilmente rintracciabili: in primo luogo, il rapporto Kruscev, poi vari documenti della CIA, in particolare quelli riguardanti le difficoltà energetiche, la maggior parte delle opere di Solgenitzyn e ancora il terribile Kolyma di Salamov e / russi di Hedrick Smith. Fra questi libri, e parecchi altri, occupa un posto di primo piano anche L'Empire éclaté di Hélène Carrère d'Encaus-se. James, però, annette troppa importanza al titolo, per la verità forzato, di quest'opera. Le capacità di resistenza e di adattamento della società islamica dell'Asia centrale sovietica all'apparato sono tali che la stabilità può durare ancora per molto... Non dimentichiamoci che i russi sono gli unici colonizzatori che vivono peggio dei popoli che hanno asservito!«Un altro punto debole del romanzo di James consiste nel confondere la Polonia con l'Unione Sovietica. Uno dei personaggi, un certo Denskij, è ricalcato sulla figura di Lech Walesa. Ma potrebbe esistere un Walesa nell'Unione Sovietica? Checché ne dicano le leggende del 1905 e del 1907, il russo ha una forza di sopportazione che il polacco neppure si sogna. Il polacco, eterno ribelle, attinge forza dalla sua Chiesa, mentre la chiesa ortodossa ha sempre predicato la sottomissione al potere temporale, si trattasse dello zar, "padre dei popoli", o del Segretario generale del Partito. Non a caso, il movimento dissidente russo è (o era?) in primo luogo una faccenda da intellettuali; solo per ignoranza o per sensazionalismo, buona parte della stampa occidentale ha gonfiato l'apparizione di embrioni di sindacati liberi nell'URSS, che non hanno mai contato più di qualche decina di aderenti. In compenso, Donald James si accosta maggiormente alla verità quando immagina dantesche rivolte di consumatori frustrati, che distruggono ogni cosa sul loro cammino, a cominciare dai negozi vuoti. Ma la storia non ci ha forse insegnato che si tratta di un problema suscettibile di essere risolto a raffiche di mitragliatrice? «Bando ai cavilli! Se vi piace la fantapolitica, se volete conoscere il burbero slavofilo Ku-letzyn (sintesi di Solgenitzyn e di Kopellev), il meraviglioso e spregevole Bukanskij, che fa pensare a Tvardovskij, l'ex direttore di Novi Mir, Letzukov, il sicario del KGB gravato dal suo passato e dalla sua coscienza, leggete La caduta dell'Impero sovietico.»