Il 1887 rappresenta una data fondamentale per la letteratura poliziesca. Nel novembre di quell’anno, infatti, Arthur Conan Doyle, all’epoca sconosciuto medico di periferia, dà alle stampe Uno studio in rosso, il romanzo che vede l’esordio dei primi, veri detective della storia del giallo: il dottor Watson, voce narrante sotto le cui modeste spoglie si cela un alter ego dell’autore, e l’inimitabile Sherlock Holmes, il genio capace di intuire il passato di una persona dai più modesti segni, di rendersi irriconoscibile mediante travestimenti perfetti, di dipanare indizi e menzogne con un’abilità quasi soprannaturale.
Chi ha ucciso l’americano Enoch Drebber nella casa disabitata di Lauriston Gardens, in Brixton Road? È questo il primo mistero che l’ancor giovane Sherlock Holmes viene chiamato a districare in aiuto a Gregson e Lestrade, gli approssimativi e boriosi investigatori di Scotland Yard incaricati di risolvere il caso. Il libro possiede un intreccio del tutto innovativo per l’epoca: l’autore porta immediatamente in mezzo all’azione i suoi lettori, coinvolgendoli nella caccia a un misterioso quanto insospettabile assassino. Nasce così un nuovo modo di raccontare una storia, e soprattutto nasce una leggenda che nonostante il passare del tempo ha conservato intatto il suo straordinario fascino.
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