Agatha Christie è la regina del Giallo. Lo è, e forse lo sarà sempre, perché nessuno ha saputo costruire meglio di lei trame così semplici e insieme così raffinate, stupendo il lettore col sapore iconoclasta di soluzioni a sorpresa che abbattevano, una dopo l’altra, tutte le barriere, i cliché e i tabù della letteratura poliziesca del suo tempo. Perché l’autrice, per prima, ha saputo trasformare il giallo in una vera sfida intellettuale col suo pubblico, pronta a ingannarlo, ma mai a tradirlo. Nei formidabili intrighi, solo apparentemente così quieti e conservatori, nessuno è veramente privo di colpa e tutti hanno qualcosa da nascondere nei loro eleganti armadi in stile liberty. È il seme del dubbio, inquietante, su cui lavora il piccolo belga Hercule Poirot, genio vanitoso e accurato, incapace di sbagliare. Ed è il maestro del gioco anche in questo Assassinio sull’Orient-Express, il giallo più conosciuto del mondo. Nell’elegante cornice del treno dei re e degli avventurieri, che collega Istanbul e il Vicino Oriente con le metropoli occidentali del tempo, mentre il convoglio è bloccato in Jugoslavia da una tempesta di neve, qualcuno ha pugnalato il signor Ratchett, un sedicente uomo d’affari americano. Per fortuna in una delle cabine alloggia Hercule Poirot, ispettore e gentiluomo. Di chi sospettare? Della principessa russa, del piazzista italiano, della missionaria svedese…? Da questo romanzo, Sidney Lumet trasse nel 1974 un memorabile film con Albert Finney nella parte di Hercule Poirot e un plotone di star capitanato da Sean Connery, Lauren Bacall e Ingrid Bergman
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