Eric Ambler ha trasformato la spy story. L’ha depurata dai vanagloriosi eroismi della belle époque e l’ha riportata nel fango, le ha donato il cinismo fatalista di chi aveva conosciuto gli orrori delle trincee della Grande Guerra. Ambler ha saputo creare la tragica figura letteraria della spia “normale”, perennemente in bilico tra la vita e la morte, tra la lealtà e il tradimento, e ne ha tratteggiato con indiscutibile vigore piccole meschinità e insospettabili virtù.
Attraverso gli occhi dello scrittore Charles Latimer, incuriosito dalla figura ambigua ed enigmatica di Dimitrios, trafficante e criminale internazionale, scorre davanti al lettore lo scenario inquieto dei Balcani ancora sconvolti dalla fine dell’Impero Ottomano. Mentre Latimer interroga corrotti ufficiali turchi e bonari agenti sovietici alla ricerca di una possibile verità, la figura di Dimitrios si staglia inquietante nella sua assenza, e assurge a simbolo della corruzione di un’epoca.
Gioco di specchi tra l’autore e il personaggio, e indiscutibile capolavoro di Ambler, da La maschera di Dimitrios fu tratto nel 1944 un celebre film noir di Jean Negulesco.
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