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Galassia - La Tribuna - Scritta Galassia nel riquadro colorato

 
 
Codice:2948      
 
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N. Volume:   133
Titolo:   Il giudizio di Eva
Autore:   Edgar PANGBORN
   Traduzione: Roberta RAMBELLI (ps. di Jole RAMBELLI)
   Copertina: Rodolfo VIOLA
 
Data Pubbl.:   1 Gennaio 1971 ISBN:    non presente
Titolo e/o Data Orig.:   The Judgement of Eve, 1966
Note:  
 
Genere:   Libri->Fantascienza
 
Categoria:   FANTASTICO Rilegatura:   Brossura
Tipologia:   Principali Dimensioni:   124 x 184
Contenuto:   Romanzo  N. pagine:   176
 
 
  Ultima modifica scheda: Tony Lee 20/11/2015-12:43:02
 
   
 

 
 
Nel panorama multiforme e multicolore della science fiction, Edgar Pangborn occupa una posizione particolare, di confine. Insieme a pochissimi altri, tra i quali è doveroso citare John Christopher e Kurt Vonnegut, Pangborn non si è mai preoccupato di centrare la propria opera sui fatti, ma sull'influenza che questi fatti ipotetici hanno sopra la natura umana. Ciò che lo interessa è il divenire di una o più creature umane attraverso il divenire delle cose, che si risolve in una verifica allegorica di realtà immanenti. Se l'allegoria, secondo la migliore tradizione medievale, comporta come fase necessaria una "ricerca", allora mai come in Pangborn merita la sua qualifica di allegoria moderna. La ricerca compiuta dai personaggi di Pangborn è sempre duplice: fisica, realizzata attraverso luoghi e dimensioni inesplorati ed enigmatici, e spirituale, realizzata attraverso l'azione e soprattutto attraverso il pensiero. Il risultato è sempre l'acquisizione, da parte degli esseri umani, di una migliore conoscenza di se stessi, e di una profonda libertà interiore. Come i lettori di fantascienza sanno benissimo da molti anni, e come la maggioranza del pubblico non ha ancora imparato, siamo letteralmente ad anni-luce di distanza dall'accezione comune della parola "fantascienza", che per troppi è ancora sinonimo di puerili, balorde avventure tra mostri extraterrestri o spettri indigeni. Aggiungiamo a questa tematica particolare una scrittura deliziosa, apparentemente caotica fino all'incoerenza, un ribollire di immagini afferrate al volo, inchiodate sulla carta e subito abbandonate per inseguire una visione più nuova e più splendente; una sete immensa, indomabile di libertà, il desiderio di frantumare i ceppi di ogni convenzione e di ogni costruzione tradizionale: questo è Edgar Pangborn. In Italia, Pangborn venne introdotto quasi venti anni fa, dalla traduzione d'una sua operina fantasiosa e squisita, 'Angel's Egg', che già nell'originale era stata vittima di uno stolido massacro, poiché il direttore della rivista in cui apparve rimase profondamente scandalizzato delle audacie, puramente stilistiche e sintattiche, che Pangborn si era concesso, e in nome d'un pedestre buon senso aveva sistematicamente falcidiato le espressioni più aeree e più incantevoli, sostituendole con altre secondo lui più comprensibili al pubblico. La tendenza a conferire al povero pubblico una patente di idiozia che non merita costituisce, in tutto il mondo, parte della concezione paternalistica dei dispensatori di cultura ad ogni livello. Oltre a un complicato, avventuroso ma tutt'altro che disprezzabile 'Ad ovest del sole', passato del tutto inosservato tra noi, di Pangborn è apparsa in Italia l'opera di più vasto respiro, 'Davy l'eretico'. Con essa, 'Il giudizio di Eva' ha numerosissimi punti di contatto, ideologici e stilistici se non strutturali. Non mi sembra il caso di condizionare il lettore con una esegesi di questo romanzo, fantastico e realista, intimista e avventuroso insieme; 'Il giudizio di Eva' è un mondo autentico, labile e concreto, che ogni lettore deve scoprire da sé: anche perché ogni lettore potrà riconoscersi in uno dei tre protagonisti, Kenneth, Ethan o Claudius, e attraverso le loro vicende e i loro pensieri potrà imparare a capire meglio se stesso.