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Galassia - La Tribuna - Scritta Galassia stretta

 
 
Codice:2874      
 
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N. Volume:   59
Titolo:   L'alba delle tenebre
Autore:   Fritz LEIBER
   Traduzione: Ugo MALAGUTI
   Copertina: Rocco BORELLA
 
Data Pubbl.:   1 Novembre 1965 ISBN:    non presente
Titolo e/o Data Orig.:   Gather, Darkness!, 1943
Note:  
 
Genere:   Libri->Fantascienza
 
Categoria:   FANTASTICO Rilegatura:   Brossura
Tipologia:   Principali Dimensioni:   124 x 184
Contenuto:   Romanzo  N. pagine:   224
 
 
  Ultima modifica scheda: Tony Lee 16/11/2015-14:34:02
 
   
 

 
 
Nel nostro paese, chissà per quale motivo, esperti di ottima reputazione hanno continuato, per anni, ad accomunare i nomi di Theodore Sturgeon e di Fritz Leiber, come se si trattasse di un'unica e solidissima unità. A dire il vero, l'equivoco è sorto soprattutto a causa della... posizione equivoca assunta dalle riviste e dalle pochissime antologie fantascientifiche apparse nel nostro paese prima dell'esplosione polemica provocata dalla famosa e introvabile antologia Fantascienza: terrore o verità?, nella quale veniva per la prima volta affrontato l'empirismo da cui la science fiction rischiava di venire sommersa, gettando il primo mattone dell'edificio che avrebbe poi portato, con l'appoggio di altre ottime iniziative (come la pubblicazione del saggio di Kingsley Amis) all'attuale situazione che, seppure ancora suscettibile di sviluppi per ora imprevedibili, appare notevolmente soddisfacente. Per lo meno, le tesi che al loro apparire furono accolte da alte grida di sdegno da parte di un certo strato, per fortuna assai ridotto, dei lettori di più vecchia data o di più alta ambizione personale, ora sono quasi universalmente accettate e nessuno si sognerebbe più di proclamare un Matheson maestro del genere o scegliere come alto esempio di ortodossia fantascientifica i raccontini shocker di Fredric Brown. Ma, per ritornare all'equivoco Sturgeon-Leiber, un equivoco non basato su una errata identificazione personale, ma piuttosto su un accostamento contenutistico e ideologico, la colpa è probabilmente da ricercare nella apparizione in Italia di racconti e romanzi, dovuti alle penne dei due autori, forse ideologicamente diversi, ma uniti strettamente da un particolare: la loro non appartenenza alla science fiction. E sia Leiber che Sturgeon, a dire il vero, amano queste digressioni nel mondo del soprannaturale, nel mondo dell'orrido e dell'intreccio nero più contorto e sconvolgente. The dreaming jewels non era e non è science fiction, per quanto si possa e si voglia stimare Sturgeon. Come non è science fiction A crime for Llewellyn. E siccome le poche opere di Leiber (soprattutto racconti) apparse in Italia fino a qualche anno fa si avvicinavano molto a quei confini indefiniti tra il fantastico, l'orrido e il meraviglioso nei quali Sturgeon si trova perfettamente a suo agio, l'errore a un certo punto può anche apparire logico. Ma Leiber è stato ed è ancora, soprattutto, un eccellente autore di fantascienza. Probabilmente uno dei più grandi, senza dubbio uno dei più estrosi imprevedibili, come ha dimostrato inequivocabilmente il folle The Silver Eggheads, il romanzo che ha iniziato davvero un'epoca nella science fiction, dando vita a quella nuova vena che Heinlein ha arricchito poi del più ortodosso (se di ortodossia e di ragione è lecito parlare in romanzi cosi bizzarri e caleidoscopici) Stranger in a strange land. Ma di Fritz Leiber era sconosciuto, in Italia, il romanzo forse più importante e valido. Questo Gather, Darkness! che al suo apparire nei numeri di Astounding tra maggio e luglio del 1943, impose di prepotenza il nome di Leiber all'attenzione e all'ammirazione dei lettori americani (e questa attenzione e ammirazione portarono al conferimento di un Premio Hugo per il suo romanzo forse più discutibile, The big time, più di venti armi dopo), e che è senza dubbio uno dei testi più celebri della fantascienza mondiale.  In quale genere di questa complessa e completa letteratura che è la science fiction deve essere collocato Gather, Darkness!? Non certo, prima di tutto, nella pura e semplice fantasy: anzi, la scienza è forse una delle protagoniste principali dei romanzo. Non è neppure un romanzo tecnologico, e sarebbe assai arduo definirlo un capolavoro della science fiction sociologica, seppure, sotto diversi aspetti potrebbe appartenere a entrambi i generi. Forse, il migliore elogio che possa essere fatto al romanzo e al suo autore è quello di collocare Gather, Darkness! tra i capolavori della science fiction, tra quei romanzi che non hanno età e sfuggono a precise classificazioni, tra quei romanzi che caratterizzano un periodo senza davvero appartenervi. Come City, come The city and the stars, come quel piccolo capolavoro che è Perchè sono un popolo geloso, di Lester del Rey, apparso recentemente sulla antologia Fantascienza della crudeltà, come Davy, l'Eretico, come La svastica sul sole, e tanti altri. Probabilmente Leiber, in questo suo romanzo, parte con un lieve svantaggio nei confronti degli altri autori citati: tra i vari Simak, Pangborn e i vari Vonnegut e Miller, la prosa dell'autore-attore non è senza dubbio la migliore, dal punto di vista stilistico. Ma in compenso c'è già l'effervescenza e l'inventiva caratteristiche di Leiber oltre a una unità e coerenza ideologica che, nel corso della carriera di quest'autore, non si è più ripetuta. L'Alba delle tenebre è probabilmente uno degli attacchi più feroci e spietati che siano mai stati compiuti contro la stupidità umana, contro le false religioni e i falsi miti, contro l'opportunismo e contro la dittatura, ed è nel contempo una satira acuta e divertente dello sfruttamento temporale della religione, un problema sentito anche in America dove quasi ovunque sorgono nuove confessioni, anche le più strane, che spesso celano dietro a individui senza scrupoli non tanto il sollievo spirituale e l'appagamento dell'istintiva ricerca umana di un mondo soprannaturale, quanto il desiderio di guadagno e la brama di potere. La religione del Grande Dio, la potentissima Gerarchia, che noi vediamo in questo libro, è completamente diversa da quella scismatica ed eretica di Lester del Rey ne L'Undicesimo Comandamento: a dire il vero, non si tratta neppure di una religione, perchè fin dalle prime pagine, nel discorso di Fratel Jarles al plebei nella Grande Piazza di Megatheopolis, viene scoperta la carta che un autore meno dotato e meno audace di Leiber avrebbe tenuto nella manica fino alla conclusione della sua partita con il lettore. Così quest'ultimo viene subito a sapere che la Gerarchia non è una religione, bensì un astuto sistema escogitato dagli scienziati per impadronirsi del mondo e tenerlo saldamente in pugno. E le somiglianze che si scoprono con le strutture e la gerarchia della Chiesa Cattolica sono sottilmente escogitate per mostrare tutta l'assurdità e l'ironia della situazione. Il lettore intuisce una specie di sottile compiacimento degli scienziati i quali hanno soffocato la cultura e la libertà, nell'ispirarsi a quella stessa Chiesa che, negli anni più oscuri della storia del mondo, ha saputo trattenere la luce del sapere e della scienza e della morale e conservarla per le generazioni future. Jarles, prete del Circolo Primo, il gradino più basso della scala Gerarchica, all'inizio della storia si ribella. Si ribella al cumulo di falsità e di menzogne sulle quali poggia il dominio dell'onnipotente Gerarchia. Ma neppure questo è il tema del romanzo. Perché questa ribellione è stata accuratamente programmata da Goniface, l'arciprete che rappresenta l'ultima e grande intelligenza di una Gerarchia che, nel corso dei secoli di potere e di oppressione, ha finito per perdere quella forza Vitale che l'aveva condotta al dominio del mondo. Goniface è una figura enigmatica, che si riavvicina alle mentalità politiche illuminate del Rinascimento, un realista privo di scrupoli, privo di sentimenti e di affetto eppure cosciente della grandezza della Gerarchia, un idealista senza ideali, o meglio, che non confessa di possedere ideali. E di fronte a Goniface, nel momento in cui egli tenta l'ultima scalata verso la vetta del potere assoluto, si erge la prima minaccia seria e organizzata che la Gerarchia abbia mai dovuto incontrare dalla sua fondazione. E' nell'entità di questa minaccia che Leiber dimostra la sua audacia: infatti, in un mondo nel quale la religione è diventata paravento e strumento di sopraffazione sui plebei, la massa della popolazione costretta a una specie di servitù della gleba di tipo medievale, l' arma efficiente di quella guerra psicologica qui descritta con esemplare maestria può essere un'altra struttura pseudo-religiosa: una bizzarra trasformazione del culto di Satana, una Stregoneria scientifica con tanto di demoni e fantasmi, e con dei deliziosi familiari tratti di peso dalla tradizione medievale che rappresentano forse le creature più bizzarre e simpatiche della intera narrativa fantascientifica, con il loro linguaggio semplice e pittoresco, con la loro perenne necessità di ottenere il sangue dai loro grandi fratelli, con quell'affetto cieco e sottomesso che raggiunge il culmine quando Dickon, il familiare dell'Uomo Nero (uno dei capi della Stregoneria) rischia la vita per soccorrere il suo gemello-padrone nelle cripte della Cattedrale. Gather, Darkness! è un romanzo troppo turbinoso e complesso, non nella trama ma nelle situazioni, per essere presentato compiutamente in queste poche righe di introduzione. E il lettore potrà rendersi conto personalmente dei meriti e della raffinata ironia di Leiber (si veda, per esempio, quel piccolo gioiello d'umorismo che è la scena del Grande Risveglio nella Piazza di Megatheopolis oppure l'incontro nelle gallerie sotterranee — ricordo di un'Età d'Oro in cui la scienza aveva raggiunto il suo culmine, forse avanzi di un'antica metropolitana — tra Madre Juy, la vecchia strega, e Dickon), leggendo le pagine del romanzo che, in senso assoluto, è uno dei più belli, intensi, raffinati, drammatici e, soprattutto, divertenti che ci sia mai capitato di leggere.