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Galassia - La Tribuna - Scritta Galassia stretta

 
 
Codice:2859      
 
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N. Volume:   44
Titolo:   La finestra sulla Luna
Autore:   E. C. TUBB (ps. di Edwin Charles TUBB)
   Traduzione: Roberta POLLINI
 
Data Pubbl.:   1 Agosto 1964 ISBN:    non presente
Titolo e/o Data Orig.:   The Window On the Moon, 1963
Note:  
 
Genere:   Libri->Fantascienza
 
Categoria:   FANTASTICO Rilegatura:   Brossura
Tipologia:   Principali Dimensioni:   124 x 184
Contenuto:   Romanzo  N. pagine:   224
 
 
  Ultima modifica scheda: Fantobelix 28/11/2018-19:08:57
 
   
 

 
 
Tra gli autori inglesi della vecchia guardia, E. C. Tubb è, con Clarke e con Wyndham, uno dei più noti. Molti lettori lo ricorderanno, probabilmente, come un appassionato creatore di situazioni spietate: basterebbe pensare alla morte civile imposta ai blues in Peso morto, all'eliminazione dei "vecchi" in Lungo viaggio nella notte, allo scientificamente irrazionale ma narrativamente suggestivo tema del regresso psichico del protagonista de La lunga morte. Il Tubb de La finestra sulla luna è meno accanitamente feroce, ma ha mantenuto tutta la sua vivacità e la sua fertilità inventiva. È difficile classificare Tubb come un asso della science fiction: ma bisogna riconoscergli abilità, solidità, una presa sicura sui lettori, anche su quelli più smaliziati. Non un fuoriclasse, quindi, ma comunque un robusto e valido rappresentante della vecchia guardia britannica, impegnata a battersi con le più giovani e più originali generazioni degli Aldiss, dei Brunner, dei White, dei Ballard. La finestra sulla luna può essere considerato sotto molti aspetti una replica inglese a Gente di domani. In entrambi i romanzi ci si trova di fronte a una base lunare minacciata non tanto da fattori esterni quanto da una importuna commissione d'inchiesta; e a bizzarri fenomeni causati da entità non umane (nel romanzo della Merril i microrganismi marziani, con la loro suggestione esoterica, nel romanzo di Tubb il cervello artificiale, Caib, con la sua inerzia apparente smentita da sintomi inquietanti). Ma se Judith Merril, nel suo sottile e assolutamente femminile Gente di domani ha puntato tutto sul sottile gioco dei sentimenti, delle sfumature, delle allusioni, Tubb ha più virilmente costruito una situazione drammatica, intrecciando la remota presenza d'una interferenza parafisica a tocchi di più diretto realismo, e costruendo la sua vicenda su una base che ha apparentemente qualche attinenza con alcuni dei migliori romanzi di spionaggio spaziale. In ultima analisi, come il lettore scoprirà direttamente, questo spionaggio è problematico; i sabotaggi clamorosi hanno una spiegazione insospettata, e il bizzarro comportamento del personale della Stazione Lunare ha una sua immaginosa giustificazione, in cui peraltro continuano ad echeggiare ricordi di alcune pagine, tra le più tipiche, di The tomorrow people. Il romanzo, poi, è curiosamente ricco di notazioni insolite: l'abilità con cui Tubb ritorce contro gli americani la corrente accusa di pruderie puritana rivolta ai britannici è maliziosa e piacevole: così la base statunitense, per timore delle terribili e onnipotenti matriarche rimaste sulla Terra a dominare le competizioni elettorali, è off limits per le donne, e i bravi yankee sospirano l'occasione di fare una visita alla base britannica, vista come una specie di libero paradiso, sede d'un franco esperimento di libertà sessuale dipinto da Tubb con misura e pudore anche se con numerose frecciate polemiche. I cugini americani sono visti con ironica e tollerante simpatia, cui fa curiosamente riscontro un quasi anacronistico lealismo verso la casa regnante. Per sir Jan Macdonald, quello tra i protagonisti che meglio incarna la fusione tra una concezione rivoluzionaria dell'esistenza e una solida tradizione dell'establishment britannico, il ricordo dell'incontro con la regina, le fervide speranze sul principe Carlo, la memoria della parte sostenuta dall'Inghilterra nella difesa delle libertà democratiche contro il nazismo sono addirittura condizioni indispensabili all'esistenza, anche sulla Luna, anche in una placida rivoluzione che ha abolito le distinzioni sociali; il ritmo di God save the Queen fa ancora pulsare più velocemente il sangue di ogni buon suddito del Regno Unito, è il motivo conduttore dominante anche in quel clima di libertà, quasi di "democrazia volontaria", che nessuno ha propugnato e che tutti accettano. Tuttavia, nonostante qualche notazione più meditata, La finestra sulla Luna non è una satira sociologica né politica: è, e vuole essere, soltanto un romanzo di science fiction interessante e scorrevole. I problemi — qualche volta immensi — che vengono sfiorati nel romanzo non sono approfonditi ma utilizzati come quinte e sfondo alla vicenda. L'ambigua presenza dei cinesi sulla Luna che in mano a un altro autore più attento alla satira politica, avrebbe potuto diventare un elemento esplosivo (cosa ne avrebbe fatto un Aldiss, per esempio?) e l'immagine stereotipa dei sovietici presentati come ipotetica minaccia, sono da Tubb appena accennati e subito tralasciati. Tubb non si è proposto, infatti, il compito di schizzare un quadro della ipotetica situazione politica alla fine del nostro secolo e all'inizio del secolo ventunesimo: si è limitato a servirsi di accenni politici per dare maggiore sapore a un ambiente, fertile di interessanti ritratti umani, cui ha sovrapposto l'influsso misterioso di Caib, probabilmente sotto l'impressione della lettura del romanzo della Merril, e osservando i canoni della migliore tradizione della space-opera. Pubblicato in tre puntate sulla rivista inglese New Worlds, nella prima metà del 1963, The window on the moon, che è stato giudicato tra i migliori romanzi avventuroso-tecnologici della science fiction britannica di questi ultimi anni, viene ora proposto al pubblico italiano, nella sua versione integrale.