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Galassia - La Tribuna - Titolo verticale

 
 
Codice:2826      
 
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N. Volume:   11
Titolo:   Il libro di Fars
Autore:   Robert RAINBELL (ps. di Jole RAMBELLI)
 
Data Pubbl.:   15 Novembre 1961 ISBN:    non presente
Titolo e/o Data Orig.:   Il libro di Fars, 1961
Note:  
 
Genere:   Libri->Fantascienza
 
Categoria:   FANTASTICO Rilegatura:   Brossura
Tipologia:   Principali Dimensioni:   135 x 184
Contenuto:   Romanzo  N. pagine:   144
 
 
  Ultima modifica scheda: zecca_2000 08/01/2019-21:54:28
 
   
 

 
 
Il mito di Gilgamesh è uno dei più affascinanti ed uno dei più antichi della storia dell'umanità. Alcune scene del mito appaiono già su sigilli cilindrici del III millennio A.C., anche se la redazione più completa del testo del poema risale ai tempi di Assurbanipal (669-628 a.C.). Le origini della leggenda non sono molto chiare, e la figura dell'eroe presenta tratti derivati da civiltà diverse, come se alla sua creazione avesse contribuito la confluenza di diverse culture. L'epos di Gilgamesh è la prima storia in cui i temi dominanti siano l'amicizia — una amicizia scaturita dalla reciproca stima, più che dalla reciproca convenienza, — l'ansia di conquistare l'immortalità, una profonda, rassegnata accettazione del destino della razza umana. E, nello stesso tempo, è uno dei primi testi cui possiamo attribuire il fascino d'una storia in cui cognizioni reali si esaltino in una nuova dimensione, attraverso il gioco fantastico, senza sconfinare nella pura favola. In un certo senso, l'epopea di Gilgamesh precorre le teorie della moderna science-flction. E' innegabile, fra l'altro, che le zone della Terra che l'ignoto autore dell'antichissimo poema fa attraversare a Gilgamesh, nella sua disperata ricerca dell'immortalità, fossero allora più sconosciute di quanto lo siano, per noi, la superficie della Luna o di Marte. La fortissima suggestione che questo mito esercita sui cultori della fantascienza è indubbia. Wilson Tucker prese a prestito Gilgamesh per trasformarlo, nel suo romanzo I Signori del Tempo, in un visitatore extraterrestre, disceso sul nostro pianeta da tempi remotissimi ed ancora vivo fra noi, in lotta contro una donna della sua stessa razza per difendere i diritti della nostra umanità. Più umilmente, senza le brillanti audacie di Tucker, mi sono limitata a svolgere il tema della leggenda ormai senza età mantenendo, nei limiti del possibile, la sua atmosfera mitica, ricostruendola secondo una interpretazione di cui certamente non è il caso di sostenere, neanche lontanamente, una pretesa di attendibilità. Non intendo affermare che Gilgamesh sia stato in realtà il sovrano di un Impero stellare, disceso per caso sulla Terra nella sua disperata ricerca dell'immortalità, ed incappato nella incarnazione vivente del mito di Utnapshtin — il Noè assiro — o nei cittadini di quella Gomorra che una recente, ardita tesi di studiosi sovietici sostiene sia stata annientata da una antichissima esplosione atomica, forse ad opera di creature extraterrestri, le quali avrebbero anche costruito un astroporto di cui sarebbero ancora identificabili le tracce: voglio soltanto affermare che una simile soluzione del mito sarebbe affascinante, e che un'origine stellare per la storia di Gilgamesh sarebbe senza dubbio meritata. Il rispetto per il tema conduttore è, del resto, piuttosto relativo: tra le due lezioni sull'esito del duello tra Gilgamesh ed Enkidu, l'essermi riferita a quella accolta nello sbrigativo condensato del Gaster (cfr. Le più antiche storie del mondo — Einaudi, 1960 — pag. 41) piuttosto che a quella riportata nel testo commentato acutamente da GB. Foggia (L'epopea di Gilgamesh Fr. Bocca, 1944 — pag. 100) non significa che io ritenga quella più ortodossa di questa; significa soltanto che mi sembrava più interessante ai fini della rappresentazione degli avvenimenti. Non ho avuto infatti la pretesa di costruire una parafrasi romanzesca ad una realtà archeologica e letteraria, ma semplicemente di raccontare una storia, per me affascinante, in chiave di science-fiction. Roberta Rambelli