Il volume e' una raccolta di leggendine giapponesi raccolte e tradotte da Hearn. La sua lettura e' lieve e amabile non tanto perche' i racconti siano sempre ammirevoli, ma per come egli li tratta. Riduce al minimo i mezzi espressivi e spesso raggiunge il trepido sentimento intrinseco alle cose. A riferire le tante trame, tutto si disfa, esse quasi non esistono: si vedano le storielline zen (Hearn compendia in breve che cosa sia lo zen: e' il dhyana indu' , ovvero in Cina e in Giappone un modo di far domande che non si devono meditare per trovarne la risposta, ma per raggiungere zone poste al di fuori delle parole). Una di esse narra che una ragazza fugga con l' innamorato, ma dopo due anni vuole tornare a chiedere perdono ai genitori. Questi rimangono esterrefatti, lei non si e' mai mossa da casa, salvo che per tutto questo tempo e' rimasta malata a letto, a soffrire. Quando la fuggiasca ritorna nella dimora, la malata si alza e va a fondersi in lei. Cosi' si impara, dice la chiusa, che la personalita' non esiste. A raccontarla, sembra una sciocchezza. E' il garbo narrativo che da' consistenza, infonde sentimento.
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