Entertainment, cioè divertimento, è l'avvertenza posta da Greene davanti al primo capitolo di alcune sue opere, anche se queste non paiono rinnegare, a una prima osservazione, il tradizionale impianto romanzesco. Una distrazione dalle realtà più brucianti della vita? Oppure, in senso propriamente letterario, una deliberata rinuncia a impegni maggiori? La definizione è solo esteriormente ambigua; designa piuttosto il confluire nella narrazione di elementi diversi e in apparenza contrastanti: satira e dramma, apologo e "morale". Così Una pistola in vendita, apparso nel 1936, sembra procedere sul piano fondamentalmente meccanico e sicuro del romanzo giallo. "Giallo" è il protagonista Raven: il delinquente nato, il sicario prezzolato che uccide con ottusa freddezza il ministro della Guerra di un ipotetico stato europeo, ed è a sua volta vittima dei raggiri del turpe mandante. "Gialla" è del pari la serie di delitti, di fughe e di errori nella quale l'assassino è operante e al tempo stesso coinvolto. Ma Greene non intende che i conti del suo personaggio si saldino sotto le pistolettate della polizia. Il complesso d'inferiorità che Raven trascina dall'infanzia, l'abbrutimento che consegue alla sua sordida esistenza, lo scorno per l'inganno sofferto fanno di lui una creatura patetica e quasi simbolica. E se il finale - rovina dei colpevoli e trionfo del bene - è volutamente convenzionale, come si conviene a una pur drammatica "pochade poliziesca", ciò che più conta è la vena di follia che grava sui gesti e sulla confusione mentale di Raven: proprio la follia che la coraggiosa carità di uno scrittore cattolico è in grado di cogliere e di riscattare.
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