Quattro omicidi, quattro vittime che non hanno nulla in comune. Soltanto un particolare trascurabile per tutti, ma non per il vice commissario Ambrosio, porta il poliziotto (creato da un autore che è stato paragonato a Simenon) a una conclusione inquietante. Anche perché la soluzione del mistero si trova in una zona molto "speciale" del cimitero maggiore di Milano. Non sono omicidi per rapina, e neppure delitti passionali: quattro morti violente, una dopo l'altra, nel giro di venti giorni, in ottobre, a Milano. Uccisioni oscure senza movente. Finché non giunge alla redazione dell'ANSA una telefonata, finché il vice commissario Ambrosio non posa l'occhio su un vecchio album di famiglia. E allora il taxista, il rappresentante di commercio, il fotografo, il disoccupato, assassinati senza pietà, assumono da morti una loro precisa fisionomia, una personalità allarmante. Tornano tempi remoti, lontane violenze: la terza avventura del detective milanese, che a qualcuno rammenta un Maigret più giovane, si trasforma in qualcosa che non è soltanto un'indagine poliziesca ma una drammatica analisi di uno spaccato di vita italiana. Dopo II caso Kodra e Maledetto ferragosto, Dunque morranno piacerà ai lettori di gialli ormai affezionati al vice commissario Giulio Ambrosio: ma, poiché l'affascinante mistero del romanzo coinvolge, più in generale, la natura dell'uomo, la terza opera di Renato Olivieri conquisterà i lettori, grazie alla sua intelligenza psicologica e alla sua finezza descrittiva: perché Olivieri ha una accattivante e fresca fantasia romanzesca.
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