Il processo Nessuno riuscirà mai a spiegare a Josef K. il motivo del processo che un'autorità giudiziaria incalzante ed enigmatica gli ha intentato. Nemmeno prima del tragico epilogo, quando il protagonista verrà giustiziato. Nel corso del romanzo, i pochi spiragli che sembrano illuminare la realtà sono subito oscurati da una penembra che non si dilegua. Ma Josef K., nonostante l'angoscia della sua condizione di grottesca semilibertà vigilata, continua a vivere in un'illusoria normalità. Dopo la pubblicazione del Processo nel 1925, la critica ne ha dato le interpretazioni più diverse: in chiave religiosa, sociologica, psicoanalitica, esistenzialistica, che si contraddicono senza mai eludersi o escludersi a vicenda. Arduo ridurre il pensiero di Kafka in formule razionali, facile subire l'incanto delle sue parabole. Come questa, che si svolge sullo sfondo di una Praga sonnolenta e sinistra, anche se non viene mai citata per nome, dove Josef K. espia la "colpa" di vivere, lontano da un mitico paradiso perduto.
Il castello L'ultimo romanzo, incompiuto, di Kafka, la cui stesura ebbe inizio nel gennaio 1922 (l'autore non ha ancora quarant'anni e ne mancano due alla morte) e proseguì fino al settembre dello stesso anno. Non esiste una versione definitiva dell'autore che anzi dispose che il manoscritto fosse distrutto. Più che un romanzo, Il Castello si può definire un insieme di frammenti in cui il personaggio dell' agrimensore K., arrivato a un non-luogo, un misero villaggio immerso nel freddo, tenta di avvicinarsi alla meta, il Castello appunto. Sono frammenti di vuoto, stanchezza, solitudine, presentimenti di una non-vita che attende l'autore nei meandri dell'ultima meta.
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