Pochi scrittori di oggi hanno, come Arpino, una riserva inventiva tanto multiforme e spregiudicata ai margini dell'essenzialità, della sequenza emblematica, e insieme cosi unitaria, cosi intimamente contrassegnata da un medesimo rovello. Una materia che, come nei suoi romanzi più recenti, coagula e si rapprende in disegni lucidi, di una angosciosa fissità. Sull'orlo dell'abisso, nella sfera del quotidiano. A muovere, nella loro contenuta disperazione, i personaggi di queste storie "stregate" sono gli impulsi e i moti oscuri, i soprassalti della coscienza, le impasse tra il sogno e la veglia: i loro sono casi limite, circostanze tese, sul filo del rasoio. Dall'ombrosa esistenza subumana della piccola sposa babbuina alla trepida apparizione e scomparsa della viaggiatrice straniera, fino all'incontro negli spazi celesti del giovane Tom Twain, astronauta di servizio fra i pianeti, con l'arcangelo Michele: un uguale, affannato tremore, le stesse interrogazioni dettate t all'ansia e talvolta dall'ira di vivere. Forse proprio in queste storie è da ritrovare l'accento più acceso di Arpino, il suo modo avventante di testimoniare la contraddittoria asprezza, e la paurosa corsa, del mondo.
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