Una ragazza a picco nel fetido mare di Fregene, un ascensore pieno di sangue, tre graffi profondi su un polso, due vipere su una terrazza d'agosto, il rifugio del bell'attore debole e delle sue bambine puttane, i baffi d'una piccola aspirante attrice a Cinecittà degradata, uno champagne che non è Roederer, la fasciatura strappata da una faccia splendente, il produttore che sfoglia l'infamia fatta Polaroid, una diva irriducibile con la mano lì... E Roma insozzata, cuori mortificati, anime perse, repentine compravendite di schiavi, feste stonate, illusioni ritrovate. In venti racconti inquieti e passionali, i piccoli assassinii che la gente di cinema commette ogni giorno in nome di se stessa: oltre i crimini vistosi del danaro e dell'incultura, l'ignobile arte del delitto per distrazione, per arroganza, per indifferenza. Narratore raffinato, Oreste del Buono è noto anche come critico di film e studioso di gialli. Qui abbandona la prima persona singolare e l'autobiografia illusoria degli altri libri, romanzi e racconti, per riferire, alla maniera brusca, tesa, dura del cinema americano, storie del cinema italiano nate dalle sue alluci-nazioni di spettatore e dalle sue illazioni di lettore. Storie atroci, struggenti: una nuova specie di giallo per un nero film della realtà, dove tutti, indiscriminatamente, sono vittime e tutti sono assassini.
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