Anaconda, spiega Quiroga, è la regina di tutti i serpenti, passati, presenti e futuri. Anaconda è il primo dei racconti che apre una delle raccolte più belle dello scrittore latinoamericano. E «Anaconda» è il nome del circolo letterario che egli fondò a Buenos Aires all’apice della sua tormentata fama dopo la lunga dimora nelle formidabili foreste di Misiones, ai confini dell’Amazzonia. Ma Horacio Quiroga, narratore di animali e selve, è anche scrittore d’amore e di morte; possiede, come molti hanno detto, la «doppia vista» dell’uomo civile e della belva, delle mutevoli passioni e della imperturbabile natura; è padrone d’un confine ambiguo fra vita e non-vita, fra realtà e aldilà. L’ampia gamma dei suoi motivi è tutta presente in questo volume, ricca rassegna della sua prolifica opera - scrisse ben duecento racconti - e rimanda all’altro volume, Racconti d’amore di follia e di morte, pubblicato nel 1987 dagli Editori Riuniti. Quasi ignorato finora in Italia, Quiroga oggi offre così ai nostri lettori il piacere completo e prezioso di una grande scoperta.
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