In questa antologia vengono proposti otto elaborati tendenti al macabro piuttosto che al fantastico. Emerge, in quasi tutti i testi, l'ossessione (forse dell'autore) pessimista verso la donna, vista nel simultaneo ruolo di musa ispiratrice e di fonte di assuefazione passiva (eloquente La fine di John Hamilton Llewellyn); una creatura divina e, al contempo, maledetta che conduce, alla stregua di una novella Eva, alla caduta dell'uomo in un oblio di perdizione (talvolta mentale, talvolta mortale) determinata dall'impossibilità di rendere duraturo ciò che sembra avere la consistenza del sogno (il riferimento va all'amore, in un'ottica dal valore di una poetica nera). Manifesto di quesa concezione è Il Ragno, racconto datato 1907 tra i più tradotti e conosciuti dell'autore. Il testo ha una costruzione su base giornaliera (il protagonista scrive un diario), funzionale a riflettere la crescente dipendenza che consuma un giovane rimasto infatuato dalla visione di una ragazza che lo contempla tutti i giorni da una finestra. Ewers tratteggia i contorni di una storia dall'intelaitura gialla. Abbiamo un ragazzo che si prodiga nell'aiutare la polizia per risolvere il mistero di tre suicidi verificatesi, a stretto giro di posta, all'interno della stessa camera di un albergo. A nulla servirà ogni tentativo di interrompere la serie, il ragazzo finirà per farsi coinvolgere da una giovane, che lo spia da una finestra del palazzo dirimpettaio, in un gioco di comunicazione gestuale che lo trasporterà in una spirale di dipendenza mentale tale da inibirne la volontà e i centri nervosi (proprio come potrebbe fare un acido).
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