«Poche righe di stampa, e siamo già in pieno oceano: tra le vele, il vento, le creste di spuma, il groviglio delle sartie, l’odore del catrame. Chiusi nell’avventura, segregati nella distesa sconfinata del mare. C’è appena il tempo di guardarsi attorno: ma questo tempo è già troppo, e subito occorre far fronte alla durezza degli eventi». Così dice Guido Neri, nella sua postface, di questo strano romanzo, di uno strano autore, morto prematuramente nella foresta di Fontainebleau nel luglio del ’64. Michel Bernanos era figlio del «grande Georges», come lui stesso lo chiamava; a 17 anni raggiunse le Forze Navali Francesi Libere a Londra e nel ’44 sbarcò in Normandia. Questa forse l’esperienza che servì di base alle vicende marine del suo libro. Un libro disperato o un libro liberamente e interamente fantastico? Una metafora sulla condizione umana o «il meraviglioso allo stato puro»? Il protagonista, un ragazzo alle prime armi con l’esistenza, viene ingaggiato proditoriamente su una nave; comincia così la sua peregrinazione e la sua terribile avventura. Nella prima parte del romanzo, veloci, senza fiato, le vicende di questa nave maledetta si susseguono fino a portare il ragazzo e il suo amico Tonio, cuoco di bordo, alle soglie di un mondo che sulla terra non ha luogo,e a confrontarli con l’assolutamente nuovo, nella ricognizione di un paesaggio le cui ferree leggi essi apprendono poco per volta, man mano che entrano a far parte di questo universo straordinario; mondo agli antipodi, su cui brillano altre stelle e sorge un sole insanguinato; dove l’ordine gerarchico sembra rovesciato, ed è la vita vegetale ad apparire come la massima depositaria dell’intelligenza e dell’organizzazione. Di fronte a loro, un’alta catena di montagne si presenta come la tappa inevitabile prima della salvezza. Al di là, il mondo dovrà riapparire familiare, consueto, amico. Perciò i due si avviano verso la sua vetta, inventando continuamente nuove spiegazioni allo scopo di ricondurre l’ignoto al noto – come un Colombo che di fronte alle Americhe seguiti a parlare delle Indie – e cementando così un’amicizia che finisce col diventare l’estremo segno della bontà del mondo umano. Ma Michel Bernanos scrive più come un pittore che come un filosofo. Il suo fantastico ha una realtà visiva, colorata, di estrema forza. I rumori sono anch’essi importantissimi. I sensi si dilatano: come sotto l’effetto di una misteriosa droga suoni e luci attingono intensità elevatissime, gli odori sono insostenibili, il contatto con la natura estremamente pericoloso. In questo libro, pubblicato postumo, Michel Bernanos ci rivela un nuovo scrittore.
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