Si potrebbe affermare che fanno inesorabilmente parte del bagaglio genetico di Bani la voglia di esprimersi graficamente, il desiderio di comunicare attraverso l’immagine. Oggi è di moda incolpare il DNA di tutto ciò che accade all’essere umano dimenticando, con positivistico cinismo, che l’uomo non è soltanto un bambolotto programmato, sia pure da un codice di sofisticata ma comunque non perfetta efficienza. Perciò ci limiteremo a dire che Alessandro Bani convive fino dall’infanzia con una grande passione per tutto quanto riguarda la rappresentazione per simboli e icone. Tutto inizia negli anni giovanili grazie al fascino che le storie disegnate da Magnus (in particolare quelle relative ad Alan Ford, Kriminal, Satanik) esercitano sulla fantasia di un creatore di immagini ancora potenziale. La scoperta della letteratura fantastica nelle sue svariate manifestazioni, science fiction,fantasy ed heroic fantasy, ghost story e horror, rappresenta l’input definitivo che ha portato un sincero ed entusiasta appassionato a trasformare la sua vocazione in un fatto reale. Una congeniale comunione artistica lega il nostro migliore interprete del bianco e nero al maestro Virgil Finlay, ma è opportuno subito sottolineare che la lezione del grande americano viene assimilata in modo personalissimo, originale, mai ripetitivo. Bani non scivola a infoltire una schiera di sterili epigoni, di noiosi riproduttori di cose già fatte o già viste. Finlay non è dunque punto di arrivo ma di partenza verso un universo nel quale le linee d’ombra generate dall’inchiostro di china si intersecano in graffiti soavemente alieni, in profili inesplicabili di mondi alternativi, concorrono a stabilire le coordinate, a tracciare i diagrammi delle mappe trascendenti di ogni luogo posto “oltre l’ultima collina”, dove ancora risuona il canto delle sirene. (Adalberto Cersosimo)
In questo volume abbiamo raccolto novantanove illustrazioni in bianco e nero di Alessandro Bani, prodotte tra il 1977 e il 2013.
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